La fine della caccia ai tori

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Il 19 luglio 1590 il Granduca di Toscana Ferdinando I emana un rescritto con il quale vieta la caccia ai tori (che terminava sempre con la morte dell’animale), adducendo come motivazione non solo la disposizione del Concilio di Trento (1545-1563) che vietava ogni tipo di spettacolo sanguinario, ma soprattutto il fatto che questa festa era molto costosa, (“si tira dietro spesa eccessiva”) e impone al Governatore di Siena Tommaso Malaspina di “rivolgere le spese altrove”. Per il suo ingresso a Siena il Granduca scrive che si accontenterà di una commedia in suo onore, visto che il “buon animo” dei senesi gli era ben noto senza che gli fosse dimostrato con feste troppo dispendiose. La caccia ai tori è in uso a Siena fin dal XV secolo e la partecipazione in “Contrade” è attestata dal 1499 (ma già nella cacciata del 1482 il rione di San Marco si presenta con una macchina a forma di chiocciola e quello di San Pietro a Ovile con una che rappresenta una giraffa). Se in altre città (Roma, ad esempio) le giostre di lotte con animali pericolosi o feroci venivano fatte da “professionisti”, a Siena, invece, scendevano in piazza uomini del popolo che dimostravano così il proprio valore. L’ultima caccia ai tori svoltasi in Piazza del Campo risale al 1597, ma i senesi non potevano resistere senza dispute ed ecco che il 25 luglio del 1599 torneranno di nuovo in Piazza con un nuovo “gioco”: la corsa con le bufale o bufalata