La Compagnia di Santa Caterina in Fontebranda e il pellegrinaggio nel Giubileo del 1600

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Tra i molti miti da sfatare c’è anche l’idea che il pellegrinaggio e, quindi, l’utilizzo della via Francigena finisca con il Medioevo.

In occasione di un altro Giubileo della Misericordia, quello del 1600, rispondendo al richiamo di papa Clemente VIII, anche la compagnia di Santa Caterina in Fontebranda, il 26 maggio, parte per Roma come fanno altri innumerevoli sodalizi simili da tutta Italia.

Fedro Bandini, priore della Compagnia di Santa Caterina, ci lascia un racconto particolareggiato di questo viaggio permettendoci di entrare dentro la storia dell’organizzazione minuta di un pellegrinaggio. Al pari di un tour operator moderno, prepara tutte le tappe (il costo è di 4 scudi a persona) e precisa anche che coloro che volessero trattenersi nella Città Eterna per fare “i turisti” non avrebbero avuto alcun rimborso per non essere rientrati a Siena assieme agli altri confratelli.

Il rettore indica ai suoi come vestirsi (cappa nera, cappello di feltro nero, bordone nero, “calzette bianche di lana o camoscio”) e come comportarsi durante il cammino: si incede in fila per due, senza mai superare la croce, in maniera composta e mai sguaiata (del resto non stanno andando ad una scampagnata! E, precisa “chi vuol andare a Roma per altro fine, indugi ad altro tempo, per non dare scandalo alla Compagnia). Giunti nei vari punti di sosta (già organizzati e “prenotati”) dove si fermeranno “per desinare o alloggiare” sarà obbligo andare “con umiltà e devotione prima alla chiesa”. In tutti i luoghi sono accolti con calore ed entusiasmo e deve avergli fatto particolarmente piacere l’arrivo a Radicofani perché, ci dice il Bandini, “quivi ricevemmo al quanti fiaschi di vino mandati dalla Compagnia della Santissima Trinità”.

Da Siena, con la Compagnia di Fontebranda, partono 178 persone (uomini e donne) e dato che alcune famiglie viaggiano “da per loro”, quando si riuniscono a Roma sono 200 uomini e 60 donne. Il viaggio dura 6 giorni, dal 26 al 31 giugno.

A Roma vengono tutti ospitati dalla Nazione Senese, nella casa del loro Oratorio di Santa Cristina in Strada Giulia. Il soggiorno romano sarà particolarmente emozionante per i nostri che saranno perfino ricevuti, nel nome di Santa Caterina, dal pontefice.

Il racconto di Fedro Bandini, tuttavia, è ben più completo perché egli descrive l’esperienza di viaggio di tutte le Compagnie laicali che per questo Giubileo transitano da Siena, oppure partono dalla nostra città: sono ben 54. Le Compagnie, prima di uscire da Porta Nuova (Porta Romana) e incamminarsi verso “i confini di San Pietro”, si recano a visitare le chiese più significative della città, e tutte includono nella loro pellegrinazione penitenziale urbana la cattedrale, logicamente, e la chiesa di Provenzano. E questo non è di poco conto: nel 1600 la chiesa di Provenzano è ancora in costruzione (sarà inaugurata nel 1611) eppure il culto della Madonna di Provenzano è già sentito e diffuso ben oltre le mura senesi evidentemente.

Il viaggio verso Roma spesso è pieno di problemi. Le condizioni meteorologiche possono trasformare un atto devozionale in un calvario (e fu una primavera davvero piovosa e fredda); i disagi per chi deve trovare alloggio per la notte sono sempre in agguato: anche la Compagnia di Fontebranda quando arriva alla Storta si deve arrangiare dato che “non solo erano piene le stanze dell’ostarie, ma le strade, piazze e campi servivano ‘a viandanti in luogo di bene accomodati letti e matarassi”.

E meno male che a nessuno dei pellegrini del 1600 capita quel che era successo al loro concittadino e confratello Ascanio Marri, maestro della cappella di Palazzo e membro della stessa compagnia di Santa Caterina in Fontebranda, il quale, nel giubileo precedente, del 1575, “essendo in S. Pietro mentre si mostrava il Volto Santo, gli cadde un candelier sul capo, et essendo riportato in barcelle, piacque al Signore Dio che in Monte Fiasconi passasse all’altra vita”. Insomma, morì.

E per chiudere ricordiamo solo un ulteriore pellegrinaggio: nel 1650, altro anno giubilare, si mettono in viaggio i contradaioli dell’Oca, accompagnati verso Roma dalla compagnia laicale di San Domenico. Perché è importante? Perché questo è il primo resoconto di un pellegrinaggio fatto da una Contrada.

 

di Roberto Cresti e Maura Martellucci