L’8 maggio 1612 il Padre Provinciale dell’Ordine Francescano fece tagliare il leggendario leccio dell’Alberino

Ordine Francescano

L’8 maggio 1612 il Padre Provinciale dell’Ordine Francescano fece tagliare ciò che restava del leggendario leccio della chiesa dell’Alberino e lo fece collocare sotto l’altare maggiore della chiesa di San Francesco per esporlo alla venerazione dei fedeli.
Secondo la tradizione San Francesco, dopo aver predicato per alcuni giorni a Siena, si mise in viaggio ma, avvicinandosi l’oscurità, preferì sostare al romitorio di Ravacciano. La leggenda dice che prima di entrare il santo piantò per terra il suo bastone e questo, durante la notte, germogliò, e la mattina era diventato un grande leccio. Del resto Francesco non era nuovo a questi miracoli: pare che anche a Piancastagnaio esista un leccio famoso sotto il quale il santo si sedette a riposare. Ecco che da quel giorno, anche in inverni particolarmente nevosi, intorno alla pianta la neve non attecchisce mai.
Comunque, la fama del miracolo dell’Alberino si sparse subito e cominciò per il sacro albero l’assedio dei senesi per i quali divenne un oggetto di devozione, tanto che vi venne fondata una cappella detta ancora oggi, appunto, dell’Alberino. L’albero, però, nonostante fosse protetto da recinzione, veniva continuamente “assalito” dai fedeli che ne tagliavano rami e foglie per tenerli in casa come reliquie.
Ridotto ormai ad un moncone, come ricorda una memoria registrata dal cancelliere del convento di San Francesco, in questo 8 maggio 1612 il Padre Provinciale dell’Ordine francescano lo fece tagliare e collocare sotto l’altare maggiore della chiesa di San Francesco. Il Romagnoli narra che nel 1637 il principe Leopoldo de’ Medici, allora Governatore di Siena, ordinò allo scultore Domenico Arrighetti di ricavare dal tronco una statua raffigurante il Santo assisiate. La statua, in un primo tempo donata ai Padri Conventuali e conservata in San Niccolò in Sasso, nel 1639 venne portata con una solenne processione alla chiesa dell’Alberino, dove si trova ancora oggi.
Girolamo Gigli, raccontando lo stesso episodio nel suo Diario, non nomina lo scultore e scrive che “dell’antico tronco se ne sono formate poi diverse statue, una delle quali si conserva nell’Altare della Cappella di San Francesco dei Frati Minori ed altre nelle Cappelle di varie Chiese dell’Ordine, e di più Monarchi nella Cristianità”.
Gigli racconta anche che all’Alberino “abitò per qualche tempo alla custodia del tronco benedetto […] Frate Bonaventura di Venere, Romito francescano”. Il fatto è in netto contrasto con la versione sopra riportata, per cui il tronco appena tagliato venne subito trasferito a San Francesco e non sostò a Ravacciano. Ciò è del resto confermato da un pagamento di 14 lire per il trasporto.
La storia prosegue raccontando che nello stesso 1612 la granduchessa Cristina di Lorena fece crescere un secondo albero dalle radici da quello tagliato e ne affidò ai religiosi la custodia.

di Maura Martellucci e Roberto Cresti