Il Santa Maria della Scala: una casa per i bambini abbandonati

Bisogna attendere la fine XVII secolo per conoscere, al di là di ipotesi statistiche, il numero reale degli esposti che ogni anno venivano accolti e mantenuti dal Santa Maria della Scala. Risale infatti al 1698 il primo registro appartenente alla serie Baliatici, nel quale i frati dell’ospedale senese riportano in schede sintetiche i momenti significativi delle “microbiografie” di ogni singolo esposto, dal momento in cui entra a far parte dell’istituto caritativo.
Per i secoli precedenti, e stiamo parlando di arco temporale che ha inizio negli ultimi anni del Duecento, la vita delle migliaia di bambini che sono stati accolti dall’ospedale deve essere ricostruita attraverso notizie e dati discontinui ma che ci rivelano numeri e informazioni di estremo interesse per ciò che concerne il medioevo dell’ente senese.
Il servizio di assistenza all’infanzia abbandonata, nel corso del tempo, è cresciuto di pari passo con lo sviluppo dello stesso Santa Maria della Scala, come reparto di un ospedale polifunzionale che già nel Trecento guardava alla funzione curativa (intesa, tuttavia, nelle accezioni dell’epoca) come scopo precipuo.
Vite e storie, emozioni e sofferenza, famiglie divise e poi riunite, povertà e malattie, modi differenti di percepire un “diverso”, che andava dalla malattia mentale all’handicap fisico che poteva essere anche un bambino nato muto, sordo o diversamente abile, modi di tutela del “non –normale” già allora all’avanguardia, fanno del Santa Maria della Scala un universo straordinario e moderno.

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E’ il 1298 quando giunge a completamento la costruzione della Casa dei gittatelli (la Domus pro gittatellis), creata con lo scopo, esclusivo e ben riflesso nella denominazione, di accettare e “ricoverare” gli esposti perché, come precisa l’epigrafe apposta nell’occasione sulla facciata del reparto appena allestito in piazza del Duomo, in quell’anno i bambini a carico dell’ospedale sono già “trecento e più”.
E i dati degli abbandoni, nel corso dei secoli sono impressionanti.
Una pergamena della metà del XIV secolo, contenente una supplica inviata alla Santa Sede con la quale, il rettore e i frati del Santa Maria chiedono l’esenzione da qualunque dazio loro imposto tanto dalle autorità ecclesiastiche quanto da quelle secolari, perché, scrivono, devono provvedere ad una grande moltitudine di gittatelli che provengono non solo dalla città e dalla diocesi di Siena, ma anche dai territori e dalle diocesi vicine tanto che i bambini presenti nell’ospedale sono, ormai oltre 430.
Passano altri decenni e le cifre aumentano: tra il 1419 e il 1500 il numero dei gittatelli battezzati nella pieve di san Giovanni (solo i battezzati: vengono abbandonati poi bambini che hanno già ricevuto il sacramento perché non più neonati, e accade spesso) sono ben 1318.
Questi, a grandi linee i numeri.
Poi a queste centinaia di bambini e bambine che, essendo abbandonati, diventano legalmente “figli dello Spedale” e hanno il diritto di portare il simbolo della scala cucita sul petto, il Santa Maria deve garantire una vita: trovare una balia che li allatti se neonati, una famiglia che li cresca fino almeno a tre anni, oppure che li adotti. Poi, dopo tre anni, deve garantire loro un’istruzione (ai maschi come alle femmine), insegnargli un mestiere (ai maschi come alle femmine), trovargli un lavoro, ai maschi, oppure assicurargli un matrimonio, alle femmine.
E fino a che resteranno sotto la tutela dell’ente ospedaliero (almeno fino al diciottesimo anno di età) gli esposti devono essere vestiti, calzati, nutriti, curati.

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Ma il mantenimento fisico non è la sola preoccupazione del rettore e del Capitolo ospedaliero: con la bolla emessa da Urbano VI nel 1387 il Santa Maria della Scala ottiene dalla Santa Sede la dichiarazione di legittimità natale per i figli esposti dell’ospedale: si tratta di una concessione di grande rilievo in quanto consente anche ai gittatelli di nascita illegittima di essere promossi agli Ordini Sacri. Nel 1464 Paolo II, da poco succeduto a Pio II, riconosce ai figli dell’ospedale la facoltà di ottenere le cariche ecclesiastiche, di conferire la cura d’anime e di accedere ad ogni beneficio clericale.
Il Santa Maria della Scala si preoccupa, dunque, prima di tutto, di assicurare ai suoi figli un sostegno e una dignità di vita che la nascita illegittima e l’abbandono hanno negato loro.

Roberto Cresti
Maura Martellucci