Il 30 maggio 1279 a Siena si scatenò un terribile incendio che distrusse oltre trecento case

Il 30 maggio 1279 a Siena, nella contrada d’Ovile, si scatenò un terribile incendio che distrusse oltre trecento case

Il 30 maggio 1279 a Siena, nella contrada d’Ovile, si scatenò un terribile incendio che distrusse oltre trecento case. Il bilancio di questo disastro alla fine risultò ancora più pesante poiché, per evitare un ulteriore propagarsi delle fiamme, si rese necessario abbattere gli edifici intorno in modo da circoscrivere il fuoco. La documentazione ci informa che furono incaricati di compiere questa operazione i cosiddetti “specialisti”, maestri della pietra e del legname, che distruggendo le muraglie erano in grado di isolare l’incendio. 


Un decennio più tardi, siamo nel 1292, la costa d’Ovile era di nuovo in fiamme ed anche questa volta “arsero molte chase” con grave danno e pericolo per la popolazione. In seguito a questo episodio il governo dei Nove, che guidava il Comune di Siena, deliberò che al suono della Campana del Comune “ogni uomo scritto col centurione traesse a spegnare el detto fuocho; e avesse el comuno ogni anno a chiamare otto maestri di legname, e’ quali avessero el salario dal comuno, e così fusero ubrighati andare a spegnare el detto fuocho”. Nella stessa occasione fu stabilito che ogni terzo di città eleggesse due cittadini per far parte di una commissione incaricata, con un notaio, di provvedere alla scelta dei suddetti “specialisti” nello spegnimento del fuoco. 


Alla fine del XIII secolo, quindi, pur non esistendo a Siena un corpo dei pompieri nel senso moderno del termine, era tuttavia operante un gruppo scelto di persone che sapevano come muoversi in situazioni di emergenza. Del resto, specialmente con l’approvazione da parte del Consiglio Generale della Campana dello statuto datato 21 dicembre 1296, ogni singolo cittadino conosceva le regole da seguire per prendere parte all’opera di spegnimento. All’annuncio del fuoco, dato col suono della campana oppure da un banditore, un certo numero di persone che svolgeva mestieri quali i portatores di biada, gli asinai, i vetturali, i falegnami ed i muratori, che in precedenza avevano prestato giuramento per fornire la loro opera, si mettevano in moto per domare l’incendio. L’attrezzatura a loro disposizione era povera e scarsamente efficace dato che generalmente consisteva in recipienti per portare l’acqua come i coppi di terracotta, in stracci umidi da innalzare sulle pertiche per spengere i focolai più alti, oltre a ramponi, scale, scuri, accette, seghe con le quali abbattere le muraglie per circoscrivere le fiamme.

di Maura Martellucci e Roberto Cresti