Il 17 maggio 1908 Siena è teatro di una vera e propria guerriglia urbana fra cattolici e anticlericali

Il 17 maggio 1908 Siena è teatro di una vera e propria guerriglia urbana fra cattolici e anticlericali

Il 17 maggio 1908 Siena è teatro di una vera e propria guerriglia urbana fra cattolici e anticlericali. Nel clima politico arroventato dalle polemiche fra i due schieramenti, l’Associazione Cattolica di Siena, sotto la guida di monsignor Nazzareno Orlandi, inaugura uno stendardo in cui il tricolore è sormontato da una grande croce. Quando i cattolici si recano al teatro della Lizza per ascoltare il discorso celebrativo dell’onorevole Agostino Cameroni, scoppiano i tafferugli con gli anticlericali, prima in via di Città e poi davanti all’albergo Chiusarelli. 


I due schieramenti si affrontano fino alla Lizza dove gli avversari dell’Associazione Cattolica hanno fatto una barricata di sedili per evitare la carica dello squadrone di cavalleria intervenuto per sedare il tumulto. Lo scopo degli anticlericali è quello di impadronirsi del labaro e di bruciarlo. Francesco Ponticelli e Ghino Capperucci, però, lo mettono in salvo e, sotto una gragnola di sassate, riescono a riparare dentro il teatro della Lizza. La vicenda non finisce qui, perché monsignor Nazzareno Orlandi e il Costone, che era all’epoca il centro dell’associazionismo cattolico, vengono presi di mira, tanto che per molte notti un manipolo di fedeli del sacerdote monta la guardia per evitare che il Costone sia preso d’assalto e bruciato. 


Il giornale senese “Il Libero Cittadino”, tutt’altro che tenero con i cattolici, il successivo 21 maggio stigmatizza il fatto, giudicandolo frutto di immaturità democratica, ma chiede che, da ora in avanti, “Chi vuol tenere concioni, inaugurare vessilli, catechizzare le masse e così di seguito, lo faccia in luogo chiuso e lasci le vie e le piazze alla libera circolazione dei cittadini che vanno per i fatti loro e che hanno bene il diritto di attendervi tranquilli senza essere disturbati dai politicanti d’ogni colore”.

di Maura Martellucci e Roberto Cresti