Icilio Federico Joni, falsi d’autore

L’arte è persone e personalità. Di queste, senza ombra di dubbio, Siena ne è stata sempre ricca: culla di mani esperte dedite al bello, fucina di menti tanto eccelse quanto geniali che hanno lasciato la loro firma in ben più di un’occasione. Parlando di firme – per l’appunto – la curiosità di storici e amatori è spesso stata stuzzicata da sei curiose lettere: PAICAP.

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Era il 2004 e il Santa Maria della Scala ospitava la mostra “Falsi d’ Autore”. Essa offriva un vario assortimento di opere: realizzazioni nello stile di Neroccio de’ Landi, Sano di Pietro o Duccio di Buoninsegna, prestigiosi nomi capaci di lasciare a bocca aperta solo a sentirli pronunciare. Ma ciò che esaltò gli animi di chi ebbe la fortuna di visitare le stanze del Santa Maria, fu la reale natura di questo spettacolo: tutti falsi. E non semplici riproduzioni lasciate a qualche falsario improvvisato, bensì rifacimenti di una minuzia tale da esser venduti per cifre esorbitanti e, ovviamente, spacciati per originali dai grandi imitatori. Tra questi, colui che più spiccò per ingegno e bravura, fu Icilio Federico Joni – senese dalla vita movimentata vissuto tra la fine del 1800 e la prima metà del 1900 – “colpevole ” di esser stato piacere e tormento di molti storici e critici d’arte affermati, i quali trovarono diletto nell’acquistare le opere da lui vendute e la sfortuna di essere decisamente… Beffati. Ora, consideriamo che di babbei ne è pieno il mondo, ma sembra che i clienti dello Joni fossero grandi “masticatori d’arte” capaci di riconoscere un falso con una sola occhiata, anglosassoni per la maggior parte, proprio come uno dei personaggi che molto ebbe a che fare con il nostro Maestro Falsario. Tale Bernard Berenson, storico d’arte, spese fior di quattrini con le opere vendutegli dallo Joni, alcune direttamente di sua produzione, altre appartenenti a grandi nomi come quelli citati poco più su, ma che di originale avevano ben poco, quel poco che bastò ad animare l’occhio esperto di Berenson e a svuotargli il portafoglio. Egli non fu il solo a cadere nella sottile tela ingegnosamente tessuta da Joni: vi furono altri pionieri dell’arte – amanti dell’antico – , un nutrito gruppo che andava da ricchi collezionisti europei a personalità più nostrane. Insomma, non è così difficile immaginare le loro facce quando il Signor Joni decise di mettere le sue avventure per iscritto in un libro titolato ” Le Memorie di un Pittore di Quadri Antichi “, in cui avrebbe tranquillamente potuto burlarsi di tutti questi facoltosi intenditori. Per quanto il suo animo fosse abbastanza rocambolesco, Icilio fu magnanimo con i suoi sventurati clienti, riservando piccole citazioni d’onore solo ai suoi preferiti, cambiandone il nome in divertenti pseudonimi. Del Signor Somberen ( Berenson ndr. ), ad esempio, lo Joni racconta di una pungente risposta data alla moglie di quest’ultimo, dopo che ella rifiutò l’acquisto di certi quadri antichi sotto consiglio del marito:

“Dica al rammollito di suo marito che ci sarà da ridere molto di questa cosa, perché non potrebbe finire qui. […] il Signor Somberen che comperava i quadri moderni fatti da Joni per antichi, e che, quando Joni gli portò dei quadri antichi, non li volle acquistare perché li credette moderni. Ci sarebbe da ridere di gusto, le pare? “

( da Le Memorie di Un Pittore di Quadri Antichi; Icilio Federico Ioni )

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Ci sarebbe così tanto da raccontare e tanto è già stato raccontato da penne ben più esperte. Icilio Joni non era solo capace di emulare opere appartenenti ad altri grandi del passato: egli vi si riconosceva, si calava in quell’antichità che gli passava tra le mani, diveniva un artigiano del ‘300 e si trasportava cento anni dopo con la forza di un solo pensiero. Ha condotto una vita anarchica, se così si può dire, avvalendosi del proprio talento per portare un po’ di se stesso nel mondo: un rivoluzionario, il maggior esponente di quella banda di gentili furfanti, falsari, che hanno fatto scuola a Siena e non solo.

“Io ho insegnato il sistema per fare vecchio l’oro e il colore: quello però che non ho potuto insegnare ( né mai forse lo si potrà! ) è il dipingere con lo spirito e con l’animo l’artista che uno pretende rifare”.

( da Le Memorie di Un Pittore di Quadri Antichi; Icilio Federico Joni )

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Ah, dimenticavo! PAICAP = Per Andare In Culo Al Prossimo.

Arianna Falchi