Gli ospedali della Francigena, rifugio dei viandanti

Come abbiamo accennato negli articoli precedenti, nel Medioevo sono numerosissimi i luoghi di ospitalità esistenti a Siena lungo il percorso della via Francigena, molti dei quali di proprietà di enti ecclesiastici. Questa rete di strutture fornisce di norma servizi gratuiti soprattutto al flusso di pellegrini diretto verso Roma testimoniato sin dall’inizio del secolo VIII, quando si comincia a registrare un rilevante movimento proveniente dalla Britannia: gli stessi Longobardi ne promuovono il transito, tant’è che a Lucca, capitale toscana del loro regno, sorgono diversi ospizi già dal 700. Alla fine del secolo, infatti, questo sistema di accoglienza è già così articolato che papa Adriano I (784-791) sente il bisogno di implorare protezione per gli ospedali più isolati.

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È comunque con il rifiorire della spiritualità avvenuto dopo l’anno Mille che il fenomeno del pellegrinaggio s’intensifica ulteriormente, diretto non solo verso Roma, ma anche a Gerusalemme o San Michele Arcangelo sul Monte Gargano. Schiere sempre più numerose di viandanti percorrono questo tragitto che, pur non perdendo il suo antico nome, comincia a denominarsi anche via Romea (“Strata Romea”), come “romei” sono appellati i pellegrini. Di particolare significato, in questo contesto, appare un documento senese del 1127 che definisce la strada, assai significativamente, come “strata peregrinorum”.
In effetti, per tutto il XII secolo questa via costituisce senza dubbio il percorso privilegiato per chi si reca in pellegrinaggio a Roma, specie da nord-ovest, e solo dal Duecento il sistema stradale diviene più articolato, con l’aggiungersi di flussi pellegrini dall’Europa centrale e orientale, che transitano anche da vie alternative quali la Flaminia o la umbro-casentinese.
Alla luce di ciò, non può certo sorprendere che sin dal secolo XI sia testimoniato anche a Siena un continuo fiorire di istituzioni di accoglienza, prima religiose e poi anche laiche, necessari luoghi di sosta, rifocillamento e assistenza durante l’estenuante cammino. Punti di sosta e ospitalità che, ovviamente, si dispongono per lo più lungo il tracciato della via da nord a sud.
Soprattutto fuori porta Camollia si forma una serie impressionante di strutture assistenziali.

Il più antico è lo xenodochium fondato nel 1070 dal visconte Guido di Guido, a seguito di un’apposita donazione di una casa con vigna posta presso la chiesa di San Basilio, che si trova più o meno all’imbocco dell’attuale via Ricasoli. Nel 1087 il rettore Bonfiglio lo sottopone alla regola del monastero di San Michele in Passignano, e così esso costituisce il più antico insediamento dell’ordine vallombrosano a Siena. Quello stesso anno, tuttavia, i Vallombrosani acquisiscono anche l’antistante (e già esistente) ospedale annesso alla chiesa dei SS. Vincenzo e Nicola, prima del suo spostamento dentro le mura. Nel 1284 un altro xenodochio viene fondato da ser Torello di Baccelliere in prossimità della chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, poi detta del Santo Sepolcro, e sempre in quella zona sono attestati l’ospedale di San Pietro e quello di donna Lambertesca.
Allo stesso modo ne sorgono diversi anche fuori Porta Romana, nella zona di Valli, come lo xenodochio fondato nel 1190 da donna Tavernaria (che si specializzerà come luogo di accoglienza dei lebbrosi e per questo motivo nel Trecento viene intitolato a San Lazzaro, spesso visitato da Santa Caterina), l’ospedale annesso alla chiesa di Santa Maria in Betlemme e quello dedicato a Santa Caterina delle Ruote (oggi trasformato nel villino Metz in via Enea Silvio Piccolomini n. 33).
Una menzione particolare merita il chiesino di San Salvatore dell’Onda che, con un privilegio di Innocenzo III del 1198, ottiene proprio la possibilità di annettere un luogo di accoglienza per i pellegrini. Come spesso accade il nuovo ente diventa anche il fulcro della urbanizzazione del borgo nato intorno a questa chiesa e alla sua comunità che, all’inizio del ‘200, si lega all’episcopato di Betlemme.

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Purtroppo oggi il chiesino di San Salvatore è chiuso e in grave stato di decadenza e abbandono: necessita di interventi e di un restauro urgente perché Siena non può perdere tasselli così importanti della sua storia.

Roberto Cresti
Maura Martellucci