Gigi Bestia, una carriera poco invidiabile

Il 30 novembre 1809 muore, all’ospedale di Santa Maria della Scala, “a ore undici antimeridiane nelle infermerie degli uomini (…) e precisamente nel letto numero diciassette”, Luigi Anastasi detto Gigi Bestia. Ha circa sessantanni (nasce a Siena intorno al 1755) e nel certificato di morte si legge che è “di professione accattone nato”. Al momento della morte risiede in via di Mezzo, con la moglie Elisabetta Meliciani e la figlia Maria. Nel corso della sua vita è al centro di molte vicende giudiziarie, entra ed esce dalle carceri senesi, per lo più per reati di furto e truffe. L’accusa più grave risale al 26 novembre 1799 quando con Vincenzo Lorenzetti detto Gallinaccio e Ambrogio Vermigli detto Brogio Matto, viene accusato dell’omicidio di Abramo Coen, ebreo, che si sarebbe consumato durante i moti del “Viva Maria” che in quell’estate avevano sconvolto Siena. Ma Luigi Anastasi deve il suo soprannome di Gigi Bestia dall’essere fantino del Palio. Tra l’altro ha una carriera lunghissima: esordisce il 17 agosto del 1778 nel Valdimontone e corre fino allo straordinario del 14 maggio 1809, nell’Istrice. Corre in tutte le Contrade tranne il Bruco e l’Onda. Disputa ben 42 Carriere (anche nel 1800 per cui sappiamo che non avrà seguito l’accusa di omicidio del novembre 1799) e detiene, suo malgrado, un record davvero poco invidiabile: quello di aver disputato il maggior numero di Palii senza mai vincere (Lazzaro Beligni detto Giove per poco non supera questo sfortunato primato: infatti raggiunge le 40 presenze nel Campo senza aver mai trionfato). Luigi Anastasi partecipa anche ad uno dei palii disputati a Lucca, quello del 14 settembre 1782: non vince nemmeno quello. Di fatto “rischia” di vincere solo nel luglio del 1783 quando correndo nell’Aquila, dopo aver lottato a lungo con la Torre per la prima posizione, si vede sfumare la vittoria perché, ci dicono le cronache, il cavallo si rifiuta letteralmente di percorrere gli ultimi metri che lo separano dal bandierino.

di Maura Martellucci e Roberto Cresti