Francesco Ricci e Silvio Ciappi con “Anime nude” hanno affascinato il pubblico di LunediLibri

 

Presentata ieri, a Lunedilibri, la pubblicazione Anime Nude. Finzioni e interpretazioni intorno a 10 poeti del Novecento (Mauro Pagliai editore), di Francesco Ricci e Silvio Ciappi. Un estro creativo, quello dei due autori (il primo, nato a Firenze, ma da anni residente a Siena, amato docente di letteratura italiana e latina al liceo classico “E.S. Piccolomini”; il secondo, apprezzato psicologo, insegna alla Pontificia Università Salesiana di Roma), che hanno montato, come fosse un film, un libro capace di affascinare un pubblico eterogeneo, che comprende anche quanti non hanno confidenza col genere lirico. Ne sono stata una dimostrazione i calorosi e ripetuti applausi, che hanno ricevuto dal numeroso pubblico presente nella Sala storica della Biblioteca degli Intronati.

Proprio muovendo dall’originalità della costruzione delle pagine e dei contenuti di questa piccola, ma densa pubblicazione, i due scrittori sono riusciti, in un abile gioco tra storia e finzione, a far emergere il senso della tragica fine di Marina Cvetaeva (1892-1941), una delle voci più originali, per ricerca espressiva e sperimentalismo linguistico, del Novecento russo. La personalità estrosa e godereccia di Guillaume Apollinaire (1880-1918), esagerato nella vita come, con genialità, nella scrittura: basti pensare al suo “ideogramma lirico”, dove vengono sfruttate le possibilità figurative dei segni verbali. Rodolfo Wilcock (1919-1978) con la sua visione crudele e tenera del mondo e anche del ricordo, capace di suscitare in lui al contempo un sentimento dolce e amaro. Costantino Kavafis (1863-1933), uno dei maggiori poeti neoellenici, che dette voce all’amore omosessuale e alla paura di invecchiare. La figura di Anna Achmatova (1889-1966), descritta attraverso il legame sentimentale che la unì a Amedeo Modigliani nella Parigi primonovecentesca. Per giungere, poi, a quella felice sintesi tra rappresentazione del mondo esterno al soggetto e del mondo interiore, che caratterizza la lirica intitolata Le cose di Jorge Luis Borges (1899-1986). E, ancora, gli accenti di grande autenticità di Thomas Hardy (1840-1928); il genio poetico di Iosif Brodskij (1940-1996), vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1987; le poesie d’amore di Nazim Hikmet (1902-1963), perseguitato politico e imprigionato in Turchia, per il quale si mobilitò l’intero mondo della cultura parigina, capeggiata da Picasso e Sartre. Da ultimo, la figura di Rainer Maria Rilke (1875-1926), straordinario esploratore delle forme espressive e vertice della lirica novecentesca.

Francesco Ricci e Silvio Ciacci, con questa pubblicazione, hanno contaminato in una felicissima sintesi saperi diversi e comuni passioni, scavando dentro la vita di questi dieci grandi poeti. <<Ci siamo soffermati – ha detto Ricci – sul legame che sussiste in loro tra vita, vissuto e produzione artistica. La loro opera, infatti, parla di un bilancio, anche doloroso, della propria esistenza, che questi scrittori a un certo punto hanno fatto, per riconoscere e realizzare quello che era il proprio compito ineludibile della loro vita>>.

Confrontarsi con questi dieci snodi fondamentali della poesia novecentesca, dunque, aiuta a crescere, a interrogarsi, come ha evidenziato Ciappi, <<a non lasciare chiusi, almeno non a chiave, i “ripostigli” dell’esistenza, le feritoie dell’anima, che servono per guardarci dentro>>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E grazie alle sentite letture di alcuni brani e poesie ad opera di Marta Pisillo, è risultata chiara, anche, l’importanza accordata da questi autori alla ricerca delle parole, delle pause, del non detto, dello stravolgimento del lessico, finalizzati a fare emergere l’essenza nascosta delle cose, la forza dei sentimenti, dei dolori, di tutto quello che non si mostra, perché non sempre è mostrabile.

Francesco Ricci e Silvio Ciappi, destreggiandosi con maestria tra Jung, Freud, i classici greci, la filosofia di Severino e quella di Nietzsche, ma anche la musica di Miles Davis e John Coltrane, e, ancora, la pittura di Pizarro e Cézanne, hanno spiegato, affascinando il pubblico, la carica semantica che si cela nelle parole dei poeti, capaci tanto di rappresentare la realtà esterna al soggetto quanto di dare voce ai fantasmi e ai mostri dell’interiorità più riposta.