Dellera e De Rubertis, quando la condivisione è rock

In tempi di condivisione social a distanza di connessione, c’è ancora gente a cui piace sporcarsi le mani insieme. Quando si tratta di musica la prossimità e le vibrazioni fisiche sono decisive e irripetibili, nessun surrogato tecno digitale può farne un “copia & incolla”. Roberto Dell’Era (conosciuto come Dellera) e Gianluca De Rubertis lo sanno bene e per questo si sono associati per un tour in condivisione analogica per i club di musica live della Penisola. Una delle prime tappe sarà proprio qui a Siena, più precisamente al Cacio & Pere di Via dei Termini. Stasera dalle 22 gli alfieri della nuova musica d’autore indipendente italiana proporranno al pubblico senese le diverse sfaccettature del fare rock nel Bel Paese. Un bagaglio di note, il loro, maturato in band alternative storiche come gli Afterhours (di cui è membro Dellera) o in progetti volutamente ironici e retrò (De Rubertis è stato protagonista de Il Genio, il gruppo che spopolò qualche anno fa con “Pop Porno”). Per capire cosa aspettarsi dal concerto di stasera ne abbiamo parlato con loro.

Giovedì è iniziato il vostro tour. Che cosa ci dovremmo aspettare di sentire e vedere stasera a Siena?
«Ci stiamo chiedendo la stessa cosa. Sembra una provocazione, ma gli itinerari possibili, sul palco come nella vita, sono sempre infiniti. Stiamo cercando di marcare un tragitto che possa contenere assieme le nostre personali solitudini. Ma lasciare uno spiraglio all’imprevisto è sempre auspicabile.

Dellera

Dellera

Siete due artisti non nuovi a collaborare tra di voi e con altri musicisti. Perché? Cosa vi piace e non vi piace della condivisione musicale?
De Rubertis: «Con Roberto ci conosciamo da ormai quasi due lustri. I guizzi ironici e le arguzie musicali di cui è capace mi hanno naturalmente designato a una amicizia spontanea e leggera, non priva di momenti di grande riflessione che abbiamo condiviso anche lavorando assieme ad alcuni testi. Il piacere è tutto nel semplice, tutto nello spontaneo, giammai nel preparato. Il piacere si trasforma poi, a volte, anche in musica, e quando accade è speciale».

Dellera: «Quando qualcuno sottrae all’altro non c’è condivisione, non c’è piacere. Non è il nostro caso, non lo faremmo, non ci sono abbastanza soldi!»

Per voi cosa manca al rock d’autore italiano per avere successo all’estero e, invece, quale potrebbe essere il suo valore aggiunto?
De Rubertis: «È una questione assai intricata. Da un lato trovo che ci sia una mancanza, almeno parziale, di sincerità da parte di tanti artisti che popolano la nostra penisola. Dall’altra è la nostra penisola che sprofonda storicamente nel mediterraneo, assieme ai porti e agli attracchi, ai salumi e alla pizzica, alla mozzarella e al caffè. Tutte cose degnissime, ma poco rock’n roll. Delle industrie discografiche, delle radio, non parlo, c’è troppo da dire, telefonatemi».

Dellera: «Mmh… difficile rispondere, non so cosa sia il rock d’autore, se è quello che immagino voi intendiate. Io non ho studiato musica, non scrivo per altri e faccio cose poco cerebrali, forse è una domanda a cui non posso rispondere; per quando riguarda la possibilità di lavorare all’estero è evidente che sia molto piccola e che siamo parecchio isolati da quello che sta succedendo tutto intorno, abbiamo un’attitudine parecchio autoreferenziale. La musica va di pari passo con il clima che vive un paese e il suo retaggio artistico più’ profondo…».

De Rubertis

De Rubertis

Vista la presenza di Manuel Agnelli, leader degli Afterhours, a X-Factor che ha diviso il mondo del rock indipendente, pensate che un certo pubblico sia troppo settario?
De Rubertis: «Non sono così convinto che esista un mondo di rock indipendente. Molti anni fa le sottoculture erano vive e rappresentavano la voglia di ribellione dei giovani nei confronti del mondo adulto. Ma qui tutto è discretamente in ritardo, così a rompere le carte in tavola c’è qualche intelligente cinquantenne. Così quei giovani che vorrebbero ribellarsi a papà Manuel finiscono per capire in anticipo che la rivoluzione si può fare anche dall’interno. Questo, in fondo, non è un male».

Dellera: «Da collaboratore e fratello sono stato il primo a preoccuparmi inizialmente se quella potesse essere una scelta giusta oppure no. Credo che a Manuel si apriranno delle porte ancora più importanti, la notorietà fa quello. Conoscendolo bene le sfrutterà al meglio proseguendo per la sua linea, la sua ricerca e il suo attivismo. Chi si fida di lui deve farlo adesso più che mai, è una persona molto lucida, ve lo garantisco. il giudizio sul format in sé va al di là di tutto questo e ognuno ha il suo. Potrà solo migliorare con la sua presenza lì, questo lo sanno anche i sassi».

Suonerete a Siena, una città particolare in tutti i sensi. Credete che l’ambiente e il luogo di un concerto lo influenzi?
De Rubertis e Dellera: «Speriamo allora che sia tutto particolare, in tutti e cinque i sensi. Noi cercheremo di aggiungerne un sesto di senso, per dare al concerto qualcosa che sia almeno un po’ più bello del normale».

Emilio Mariotti