“Costruire il regime”: Flores e Quattrocchi presentano il libro di Gabriele Maccianti

Nuovo appuntamento culturale con l’Accademia Senese degli Intronati. Martedì 15 giugno alle 17.30 (trasmissione in diretta sulla pagina Facebook dell’Accademia e successivamente caricate sul suo canale Youtube) Marcello Flores e Luca Quattrocchi presentano il libro di Gabriele Maccianti, “Costruire il regime. Fascismo e tradizione a Siena 1925-1943” (Siena, Accademia Senese degli Intronati, 2020).

Prima del 1925 – nel Senese come nel resto d’Italia – il nascente regime guidato da Benito Mussolini ha soprattutto annunciato propositi. Nel 1943 viene travolto dagli eventi bellici. Ma in questo arco temporale, di pari passo all’instaurazione e al consolidamento della dittatura, al progressivo restringersi degli spazi di dissenso nella società e di critica nel suo dibattito interno, il fascismo prova a mettere in atto l’ambizioso progetto di trasformare l’Italia e il carattere degli italiani. Nel volume si esamina l’azione del regime nel Senese, il suo tentativo di conciliare il culto della nazione con la forte identità culturale del territorio, le selettive scelte operate nel settore delle infrastrutture e le iniziative intraprese per fare della città e del suo territorio una meta turistica anche per la media e la piccola borghesia italiana. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Gabriele Maccianti, perché questo libro?
“L’esperienza del regime fascista è troppo complessa e articolata per essere trattata solo da un punto di vista politico. Le politiche culturali (nel senso più ampio del termine) meritavano una trattazione a se stante per dare il giusto spazio ad argomenti che di solito rimangono schiacciati, come l’aspetto architettonico delle Case del Fascio della provincia”.

Come venne costruito il regime a Siena?
“Il regime cercò di migliorare alcuni elementi della rete infrastrutturale (soprattutto acquedotti ed edifici scolastici, mentre altri, come le vie di comunicazione rimasero in sordina), promosse e finanziò una capillare campagna di restauri architettonici e cercò di far crescere la città e la provincia come meta per il turismo medio e piccolo borghese. Elementi, questi ultimi due, strettamente connessi”.

L’attività podestarile di Bargagli Petrucci fu importantissima per Siena. Oggi quando parliamo di fatti come “tradizione” lo dobbiamo in gran parte a lui. È così?
“Bargagli Petrucci fu un uomo fortunato: nei primi anni del secolo elaborò un coerente e articolato progetto per la città e dopo ebbe dieci anni per tradurli in pratica senza grossi intralci (se non nell’ultimo periodo). Condizioni che raramente si verificano. Da raffinato esteta qual era curò con attenzione anche gli interventi di restauro più minuti, come quelli sui portoni e sulle roste”.

Qual è stato l’aspetto più positivo e quello più negativo del periodo da lei analizzato?
“L’aspetto più positivo è stato l’elaborazione – e la parziale messa in atto – di un progetto complessivo dotato di una buona coerenza interna (senza enfatizzare: anche all’interno del regime c’erano contrasti e sovrapposizioni di competenze); mentre quello più negativo sta fuori da questo volume: la repressione del dissenso. Va detto, a questo proposito, che con i tardi anni Trenta divenne difficile anche la semplice manifestazione di un’opinione non allineata, anche se questa non era di per sé ostile al regime. Ma a questi aspetti dedicherò uno studio a parte”.