Alberghi e taverne: il business dell’ospitalità

Abbiamo già accennato al fatto che l’ospitalità professionale a pagamento, rivolta a coloro che viaggiano sulla Francigena, diventa un autentico business sin dal XII secolo (ritrovate l’articolo qui). Una vocazione, quella dell’accoglienza ai forestieri, che unita al cambio di denaro, necessario per molti di loro durante il lungo viaggio, costituisce per Siena la primitiva forma di accumulazione capitalistica.
Le strutture ricettive (come diremmo oggi) e di ristoro cresceranno sempre più tra XIII e XV secolo con l’intensificarsi dei traffici commerciali, determinando di conseguenza una crescita di domanda del servizio e un’occasione di arricchimento per chi intraprende questa attività; è interessante notare, a tal proposito, come la maggior parte di questi “hospitatores” appartengano alle principali famiglie magnatizie della città, come i Malavolti.
Siena, così, acquisisce fama “internazionale” per la bontà dei suoi alberghi o delle sue taverne, così come dei suoi punti assistenziali, oltre che per l’ospitalità della sua gente, testimoniata dagli accenti elogiativi rintracciabili nelle memorie e nei diari dei viandanti antichi. Ad esempio, l’abate islandese Nikulas di Munkathvera vi sosta nel 1154, esprimendosi favorevolmente sulla città e soprattutto sul suo emisfero femminile: “Siena è una bella città, con sede vescovile presso la chiesa di Santa Maria; qui ci sono le donne più avvenenti”.

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Più o meno gli stessi attestati di stima si ritrovano nella celebre “Chanson de geste” anglo-normanna “Ami et Amile”, risalente sempre a quell’epoca.
La socievolezza, affabilità e cortesia verso i forestieri, d’altronde, è rimasta per secoli una peculiarità dei senesi, trovandone notevoli e prestigiose attestazioni nei diari di viaggiatori del cosiddetto “Grand Tour”. Intorno alla metà del Seicento, ad esempio, Richard Lassels, dopo la sua sosta a Siena, scrive tra l’altro che “la gente qui è molto educata e anche socievole; la quale cosa, unita alla salubrità dell’aria, ai buoni esercizi dei gentiluomini, alla purezza della lingua e ai grandi privilegi, fa sì che molti stranieri tirino le briglie qui e trascorran l’estate a Siena, l’Orleans d’Italia”.

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Proprio in quell’epoca, infatti, la città si trasforma in un ricercato soggiorno estivo con connotati di autentica stazione termale. Non sorprenda, dunque, se nel 1778 un illustre professionista dei viaggi e redattore di guide come Thomas Martyn, giunga a definirlo il luogo più amabile d’Italia per trascorrervi qualche mese.
Tornando all’età medievale, da un censimento del 1288 risulta che nei soli Terzi di San Martino e Camollia si localizzavano circa novanta strutture ricettive: alberghi, locande, taverne che fossero. Tra queste, l’albergo è la forma di ospitalità a pagamento maggiormente diffusa all’interno delle mura di una città: offre vitto e alloggio e, spesso, assicura anche lo stallaggio delle bestie (già al tempo ne esistono di varie categorie: quelli migliori, offrono tutti questi servizi a persone e ad animali; quelli medi, che accolgono solo persone o solo animali; quelli bassi, che offrono o solo vitto o solo alloggio).

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Un altro luogo di ristoro largamente diffuso è la taverna, che offre dalla sola mescita di vino alla vendita di semplici cibi cotti o crudi, raramente la possibilità di fermarsi per la notte.
Significativa, come per gli ospedali, anche la distribuzione di queste strutture, situate per lo più nel tratto urbano della via Francigena/Romea, da porta Camollia a porta Romana, e nelle principali strade adiacenti, come ad esempio via dei Termini.
Una presenza così rilevante che alcuni toponimi stradali del passato, spesso ancora vigenti, ricordano proprio i nominativi delle osterie/locande/alberghi che si trovano lungo di esse, come ad esempio le vie del Moro e Cecco Angiolieri (anticamente via degli Alberghi del Re, poi semplicemente del Re), oppure i vicoli del Cavalletto, della Rosa, del Viscione, delle Tre Donzelle, dei Rinuccini (anticamente vicolo della Regina). Senza dimenticare la piazzetta degli Alberghi, nei cui pressi troviamo le notissime osterie del Sole, della Corona, del Leone, della Serena, dell’Oca, del “Camello” e di San Marco.

Roberto Cresti

Maura Martellucci