Achille Sclavo, l’uomo nobile di cuore

 

La storia dell’Istituto Sclavo di Siena, fondato nel 1904 dallo scienziato Achille Sclavo per la produzione del vaccino contro il carbonchio ematico, che ha posto le basi per lo sviluppo dell’industria senese delle biotecnologie e dei vaccini, è stata ricostruita nei dettagli grazie a documenti, foto, collezione di strumenti. E’ stato presentato da Stefano Maggi, docente di Storia dell’economia e del territorio dell’Università di Siena, ed Enrico Giannelli, già direttore del personale dell’Azienda Sclavo SpA, il volume ‘La collezione di strumenti e il Fondo archivistico dell’Istituto Sieroterapico e Vaccinogeno Sclavo’, che testimonia il lavoro di riordino e inventariazione svolto grazie alla collaborazione tra l’Ateneo e il Gruppo Anziani Sclavo. Il libro, curato da Davide Orsini, è il risultato del lavoro svolto dal personale del CUTVAP – il Centro universitario che ha quale finalità la tutela a le valorizzazione dei beni culturali scientifici. L’incontro tra il Gruppo Anziani Sclavo e le professionalità del Centro universitario CUTVAP è stato fondamentale per riordinare il fondo archivistico e inventariarlo e per intervenire sulla collezione di strumenti. L’Istituto Sclavo è parte della storia della città di Siena e ha intersecato storie diverse, quella dell’evoluzione dell’immunologia e delle biotecnologie, quella dell’Ateneo senese nel quale Achille Sclavo fu docente di Igiene e poi Rettore, quella di tante donne e uomini che vi hanno lavorato. Queste storie sono scritte sulle carte che l’Istituto ha prodotto negli anni e che alcuni dipendenti hanno salvato e conservato. E così oggi il Gruppo Anziani Sclavo non conserva solo documenti e oggetti ma custodisce la memoria di quell’esperienza, tanto importante per la storia dei vaccini e per aver posto le basi per il grande sviluppo delle biotecnologie e delle scienze della vita, sulle quali la città di Siena e l’Ateneo investono in maniera particolare.

Jodogelatina Sclavo

Da questo lavoro nasce l’idea di un ritratto originale ed affettuoso dipinto dal nipote di Achille Sclavo, il professor Paolo Neri, che dipinge il nonno per come realmente era, su Siena News.

Achille Sclavo, a Siena, è ormai noto solo come fondatore dell’omonimo Istituto per la produzione di sieri e vaccini. E’ un’immagine riduttiva: Sclavo non fu solo un imprenditore che avviò un’impresa, oggi molto celebrata da chi vi lavorò o da chi vuole sentirsene continuatore.

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Infatti, alla sua morte, nel 1930, l’Istituto (come lo chiamavamo in famiglia), nonostante l’epiteto di Sieroterapico e Vaccinogeno, era essenzialmente una piccola ‘fabbrica’ che si reggeva molto sulla produzione di specialità chimico-farmaceutiche.
La sua crescita fu opera di molti suoi successori, con, in prima fila, gli amministratori Dario Neri e Antonio Cinotti, e i direttori scientifici Domenico D’Antona ed Egisto Falchetti. Oltre, ovviamente ai loro collaboratori, ai dirigenti e alle maestranze, che vi operarono con passione e competenza per tanti anni, in un ambiente umano che ancora non finisce di stupire chi ne studia la storia sotto il solo profilo delle relazioni industriali.
In particolare, si deve a D’Antona e a Falchetti il forte impulso, negli anni ’40, alla produzione rispettivamente dei vaccini batterici e di quelli virali. Entrambi furono ospiti dell’Istituto Pasteur a Parigi, dove il primo collaborò significativamente con lo scopritore delle anatossine tetanica e difterica (il prof. Gaston Ramon), e il secondo fu allievo di un padre della virologia (il prof. Roux): un fatto che, più tardi, gli valse la piena fiducia di Albert Sabin, grazie alla soluzione di alcuni aspetti produttivi dell’omonimo vaccino contro la poliomielite.
La particolarità dell’Istituto di via Fiorentina si comprende meglio, pensando che Achille Sclavo l’aveva fondato non solo per ricavarne agiatezza per sé e i suoi familiari (discendenti inclusi), ma anche come parte della sua vocazione per la disciplina scientifica, cui aveva deciso di dedicare la vita: l’Igiene, o, come oggi si dice la Sanità pubblica.

Intanto il luogo: una villetta acquistata con i proventi del premio Riberi, e il sostegno finanziario della moglie Eugenia, nata in una famiglia benestante savonese. Acquistata, però, non per gli ozi estivi, ma per ricoverarci gli asini necessari alle sue ricerche sierologiche, e che non potevano trovare spazio in un istituto universitario.

villa l'Ebreo_l'antica sede dell'Istituto

La successiva produzione farmaceutica servì, quindi, a sostenerne le spese. Negli anni seguenti Achille Sclavo utilizzò l’Istituto anche per un altro scopo: dare uno stipendio ad alcuni suoi validi allievi, nell’attesa di una loro successiva sistemazione universitaria o nella Pubblica Amministrazione, come medici Provinciali o ufficiali Sanitari. Questi, nel tempo, furono determinanti nel conferire all’Istituto Scalavo la fama di serietà di cui meritatamente godeva in Italia e all’estero. Quindi, non solo centro di produzione, ma anche di ricerche e di formazione. Questi due ultimi principi trovarono esplicita fisionomia nel Centro ricerche, nato nel 1970, e di cui sono stato propugnatore e direttore per molti anni.
Dunque, se l’originalità dell’Istituto Sclavo va ricercata nella sua natura composita, essa è merito fondamentale del suo fondatore e del suo carattere di uomo fortemente sensibile ai valori della comunità che aveva scelto di servire, coniugando intelligentemente interessi personali e pubblici.
Ne citerò un solo esempio che ho ricavato dalle lettere che per tutta la vita scrisse in occasione dei suoi continui spostamenti all’amatissima consorte, la nonna Eugenia: un amore durato una vita, a partire dall’adolescenza.
Dopo la partecipazione alla commissione per la lotta alla malaria in Sardegna, Achille Sclavo, agli inizi del 1911, è incaricato (ma questa volta come responsabile unico) di domare l’epidemia di colera che affligge la Puglia.
In realtà il colera si era già manifestato nella regione fino dal 1910, dove, nell’agosto, ricompare, inizialmente a Brindisi, portato da un gruppo di zingari sbarcati in quel porto, e si diffonde rapidamente in varie località della regione.
Il 1911 è un anno speciale per l’Italia. Ricorre il cinquantenario dell’Unità ed è in preparazione la guerra italo-turca per la conquista della Libia, tra molti contrasti interni e alcune ironie da parte degli stranieri. Lenin parla di ‘imperialismo straccione’ e il Kaiser consiglia a Vittorio Emanuele di occuparsi delle colonie interne prima di pensare a quelle africane.
Pertanto il Governo decide, plausibilmente anche per ragioni d’immagine, d’intervenire con decisione. Sclavo è in Puglia già nel febbraio. Da Napoli, il venti del mese, scrive alla moglie:
‘Un saluto prima di ripartire per Bari. Mercoledì sarò a Lecce, giovedì a Taranto e poi a Foggia. E così mi sarò fatto un’idea della Puglia. Sarò di ritorno il 3-4 per partire subito per Milano’.
E cinque giorni dopo, da Bari:
‘Ho visto Lecce, Taranto, Cerignola… Ho finito per vincere la diffidenza e tutti sono pronti a seguirmi. Presto andrò a Roma per riferire’.
Evidentemente le misure prese da Sclavo, il senso pratico e la fama di scienziato che lo accompagna, gli hanno subito guadagnato la fiducia dei pugliesi.
Così, il 14 marzo, scrive ancora alla moglie,:
‘Qui le cose vanno bene. Tutta la popolazione mi vuole bene e temo che davvero in questi giorni il Consiglio Comunale mi proclami cittadino barese… Tieni pronto un migliaio di lire. Ti dirò poi a quale scopo’.
Quest’ultima frase rivelerà, nella lettera successiva del 23 marzo, un tratto straordinario del carattere di Achille Sclavo. Vale a dire un’assoluta generosità.
Infatti, dopo qualche rapido accenno alla situazione sanitaria (‘… il colera è sempre localizzato con pochissimi casi in Taranto vecchia… Rividi ieri Lecce. E’ forse la città più pulita d’Italia…Chiamerò qui Ragazzi da Cagliari, poiché da solo egli farà il lavoro di dieci…), aggiunge:
‘Questi poveri medici circondariali non sono più pagati dal Governo, il quale non dispone più di un soldo. Per tale ragione ti ho chiesto le mille lire. Sarò come Rothscild creditore del Regno d’Italia. Chi l’avrebbe mai detto?’
Sclavo maschera il nobile gesto con una battuta autoironica, per poi tornare subito alle faccende pratiche:
‘Trovami due opuscoli sulla canalizzazione o fognature separate e mandameli subito’, scrive a conclusione della lettera.
Sclavo sa (lui che è anche produttore di sieri e vaccini) che l’eradicazione definitiva del colera richiede la costruzione d’infrastrutture moderne, piuttosto che vaccinazioni massicce. Acquedotti e fognature costituiranno, perciò, l’argomento di due suoi discorsi tenuti nella sala del Consiglio Comunale di Bari il 17 e 18 dicembre 1911 e pubblicati l’anno dopo in un opuscolo dal titolo: “Sul problema della fognatura in Puglia con speciale riguardo alla depurazione biologica delle acque di fogna”. D’altra parte, dopo che Robert Koch ebbe definitivamente dimostrato che l’agente del colera è il ‘bacillo virgola’, i vari tentativi di mettere a punto vaccini anti-colerici si rivelarono di scarsa efficacia o addirittura dannosi. Non meno, però, dei rimedi empirici, cui erano stati sottoposti gli sfortunati colerosi delle epidemie precedenti alle osservazioni del medico inglese Snow sul ruolo dell’acqua infetta nella diffusione del morbo: dalla cauterizzazione delle piante dei piedi alle applicazioni di sanguisughe nella zona perianale.
Per spiegare questa nobiltà, non di blasone ma di carattere bisognerebbe, se gli spazi concessi lo consentissero, risalire alle origini della famiglia Sclavo, risieduta per secoli in un bellissimo borgo della provincia di Cuneo: Lesegno, o ‘Lux Ignis’ come si legge nel suo blasone.
Ma questa è un’altra storia, che racconterò volentieri, se ci sarà l’occasione.

Paolo Neri

(Nella fotografia, appartenente all’archivio di famiglia, il professor Paolo Neri in braccio al padre. Fu scattata in occasione della visita del professor Ramon, scopritore delle anatossine, di cui si fa cenno nello scritto.
Vi compaiono anche (da sinistra a destra) il professor Domenico D’Antona, il professor Ramon, la signora Ramon, la signora Eugenia Sclavo Pertusio, il fratello di Paolo (Achille Neri).