29 giugno 1721: l’assegnazione dei cavalli del primo Palio “moderno”

Dal 29 giugno 1721 ebbe inizio l’assegnazione dei cavalli, nella mattina, fuori Porta Camollia, nell’attuale Piazza d’Armi. Il Palio di luglio del 1721 sarà il primo davvero vicino alle corse moderne dato che il regolamento emanato il precedente 7 maggio (contiene 16 articoli in gran parte attuati ancora oggi), stabiliva che da succesivo Palio di luglio la Carriera poteva essere disputata solo da dieci Contrade estratte a sorte.

Nello stesso bando si stabiliva che i fantini “dovessero comparire a provare li cavalli per la piazza un’ora la mattina dalle ore 11 alle 12 e la sera dalle ore 23 alle 24”, cioè al mattino dalle 7 alle 8 e la sera dalle 19 alle 20, e che “dovessero fare tre girate per non strapazzare li cavalli con pena a chi trasgredisse”.

Secondo alcune cronache del tempo dal Palio del 1761 la “tratta” veniva effettuata davanti alla porta della Biccherna, nell’Entrone, alla presenza dei soli capitani e barbareschi. Il palco dal quale si effettua l’assegnazione ancora oggi, invece, è in uso dal palio del 2 luglio 1936, quando l’assegnazione diviene pubblica.

Da questo palio si stabilisce infatti (la Delibera del comune è del 22 giugno 1936) che “le operazioni di sorteggio dei cavalli alle Contrade che partecipano alla corsa siano compiute, anziché nell’ingresso di Palazzo Comunale, in un apposito palco da erigersi all’esterno del Palazzo stesso”. Con la stessa deliberazione si decise che il giorno della tratta venissero esposte alle finestre del Palazzo le bandiere delle 10 contrade che avrebbero preso parte alla carriera e che sul palco prendessero posto i trombetti di palazzo per annunciare l’inizio e la fine delle operazioni di sorteggio.

Venne deciso infine che ai piedi del palco si disponessero i 10 barbareschi “anch’essi vestiti nell’antico costume”, pronti per ricevere in sorte il cavallo (prima di allora vigeva il regolamento del 1906 il quale stabiliva che i barbareschi dovevano essere “contraddistinti, per essere riconosciuti, da una rosetta dai colori della rispettiva Contrada”.

di Maura Martellucci e Roberto Cresti