2 marzo 1866: muore il giurista Giuseppe Puccioni

Il 2 marzo 1866 muore a Firenze il giurista senese Giuseppe Puccioni, insegnante di Diritto Penale ma conosciuto soprattutto per aver contribuito alla riscoperta e alla valorizzazione del Diritto Penale. Fu anche Vicepresidente della Corte Suprema di Cassazione delle Province Toscane. Era nato a Siena il 21 settembre 1788 e all’Università di Siena si laurea in diritto il 28 giugno 1804, intraprendendo la carriera in magistratura.
Appartiene a quella serie di giuristi che promossero una generale rifioritura di studi nel campo del diritto penale col commento delle nuove codificazioni penali che si ebbero in Italia nella seconda metà del XIX° secolo. Ha scritto importanti saggi che sono stati studiati da molte generazioni, fra cui “Il codice penale illustrato” (Pistoia 1856-58), “Saggio di Diritto Penale teorico-pratico” (Firenze 1858). e soprattutto “Pensieri di un filantropo sul sistema penitenziario” (Pistoia 1847), mostrando con quest’ultimo di guardare avanti con un illuminata concezione della detenzione carceraria.
Nel 1861 fu eletto senatore come riconoscimento per la presenza nella Corte di Cassazione Toscana.
Si legge nel necrologio pronunciato dal presidente del Senato, Gabrio Casati, il 3 marzo: “Debbo con dispiacere annunziare al Senato la morte del nostro collega distintissimo signor senatore Puccioni. Il commendatore Giuseppe Puccioni nacque a Siena nel 1788. Educato nelle discipline legali, percorse la carriera degl’impieghi nell’ordine giudiziario, e cominciando dai primi gradi giunse a sedere nella Corte suprema di Cassazione delle provincie Toscane, della quale era Vicepresidente, quando ottenne, or sono poco più di due anni, un onorato riposo, essendo contemporaneamente nominato senatore del Regno.
Fu dotato da natura, perfezionato da buoni studi, di quella perspicacia che coglie nelle questioni il punto veramente disputabile, e sa rettamente risolverle. Le sue decisioni tanto civili, quanto anche, e forse più le criminali, fanno testimonianza del suo ingegno perspicuo, e del suo criterio retto. Illustrò il Codice personale di Toscana con un commentario lodatissimo, e pubblicò ancora un breve trattato di diritto criminale. L’uno e l’altro lavoro gli meritò uno dei posti più distinti fra i giureconsulti Toscani e d’Italia, e noi compiangeremo la grave perdita”.
Maura Martellucci
Roberto Cresti