Dalla Congrega dei Rozzi al teatro dell’Accademia

La Congrega dei Rozzi, un teatro dove recitare i propri componimenti lo cercò a lungo.
Una data di svolta in questa storia è rappresentata senz’altro dal 28 dicembre 1690.
In questo giorno due eventi mutano il destino dei nostri: il granduca di Toscana, Francesco de’ Medici, concede loro di cambiare la denominazione originaria di “Congrega” in “Accademia” e gli accorda una sala teatrale, conosciuta come il Saloncino, uno dei locali dell’Opera Metropolitana.
Il Saloncino, al momento dell’acquisizione, è un ambiente rettangolare, dotato di platea a gradoni, sulla parete di accesso e sulle lunghe pareti laterali corre una “ringhiera” sostenuta da un parapetto. Tutto nella sala, soffitto, panche della platea, gli stessi gradoni e parapetti, la recinzione dello spazio dell’orchestra, sono di legno coperto di tela dipinta, come pure il “frontespizio”, l’arco scenico.
Il corredo delle scene è semplice: le quinte sono del tipo detto “a libricciuolo” (fatte sullo stile del paravento), poi ci sono fondali (“fori”) e “arie”; non c’è alcuna notizia di un meccanismo con canali sul palco per il cambio delle scene a vista.
Dopo la concessione, i Rozzi ne migliorarono la capienza con la costruzione di sedici palchetti e gli assegnano un custode fisso. Il “nuovo” Saloncino viene inaugurato nel 1691 con l’opera in musica “L’onestà degli Amori” di Alessandro Scarlatti.

Alessandro Scarlatti

Pur proseguendo l’attività teatrale nel Saloncino (solo più tardi l’Opera lo impiegherà per scopi diversi togliendolo ai Rozzi) nel giugno del 1727 i componenti dell’Accademia dei Rozzi (che, come sottolinea Giovanni Antonio Pecci nel suo “Giornale Sanese”, dal 1717 erano stati privilegiati dalla concessione fatta da Violante Beatrice di Baviera di poter svolgere anche il gioco delle carte), ritenendo poco decorosa per le loro attività la stanza che serviva per le loro adunanze, in via di Beccheria, decisero di dotarsi di “una nobile e maestosa sala”. Acquistano, così, alcune case e botteghe poste di fronte all’antica chiesa parrocchiale di San Pellegrino, nell’attuale piazza Indipendenza, di proprietà del Capitolo della Metropolitana senese e tenute a pigione “per uso di lana” da un tal Sugarelli e da un tal Giovan Battista Alberti. Il progetto prevedeva di allestire una grande sala per poter svolgere un’attività finalmente consona al prestigio raggiunto dalla Accademia. Viene incaricato dell’opera il maestro Giuseppe Fondi, mentre alcuni membri dell’Accademia s’impegnano a seguire personalmente il buon andamento dei lavori, “che meditano in breve tempo tirare a porto”. In realtà la nuova sede verrà inaugurata solo l’11 giugno 1731 e per l’occasione vennero “recitati diversi componimenti in onore di Maria santissima concepita senza macchia di peccato e dedicati alla santità del sommo pontefice Clemente XII, a cui fu, col ritratto sotto, innalzato il trono e coll’assistenza dell’arcivescovo, a tale effetto da pontefice prescielto, quale vi si portò accompagnato da noverosa comitiva di nobiltà e clero, trattenendovisi fintanto restassero compiuti i componimenti e terminata la cantata in musica, accompagnata da copioso concerto di vari strumenti, che continuò dalle ore 22 fino a qualche ora della sera, e sempre restò quel vasto salone copiosamente illuminato”.
Ma arriva il tempo di costruire un vero e proprio teatro e nel 1087 i rozzi affidano al celebre architetto Alessandro Doveri l’incarico. La prima bozza di progetto sottoposta non riscuote il successo sperato anche perché comporta modifiche consistenti alle sale dell’accademia. I Rozzi, dunque, deliberano di comperare alcuni locali adiacenti, posti sempre in piazza San Pellegrino (oggi piazza Indipendenza). I lavori per la costruzione del nuovo teatro iniziano nel 1815, con la supervisione di Doveri che, nel frattempo, aveva steso un secondo e diverso progetto.
Finalmente, nella primavera del 1817, viene inaugurata la sala teatrale con una grandiosa festa da ballo riservata ai Soci dell’Accademia, mentre alcuni giorni dopo il teatro viene aperto al pubblico. Si mette in scena un libretto semiserio “L’Agnese di Fitzenry” di Ferdinando Paer.
Durante il XIX secolo il teatro dei Rozzi ospita le più importanti “Compagnie di giro” nazionali e diviene un punto di riferimento per la prosa italiana.


Nel corso del tempo il teatro ha subito vari mutamenti e ristrutturazioni e la più importante è datata 1873. In quest’anno viene incaricato l’architetto Corbi di progettare un nuovo rifacimento del teatro, rifacimento che resterà sostanzialmente immutato fino al 1945, anno in l’edificio viene dichiarato inagibile a causa dei danni riportati durante la seconda guerra mondiale.


Ai duecento anni del Teatro dei Rozzi (1817-2017), e a questa storia di cultura, ingegno e voglia di fare, è dedicato questo Drappellone dipinto da Laura Brocchi.

Maura Martellucci