11 febbraio 1349: gestire le eredità dopo la peste nera

L’11 febbraio del 1349, l’ondata della peste nera era passata ormai, ma non i suoi effetti su Siena. In questo giorno il Consiglio Generale affronta in modo fermo e deciso il problema dell’appropriazione indebita di eredità e stabilisce multe onerose per coloro che avevano ereditato senza averne diritto (secondo gli statuti del Comune si poteva ereditare fino al quarto grado di parentela) con il defunto, oltre i beni passavano nelle casse comunali. Questo era successo, logicamente, perché moltissimi atti privati, con la morte dei notai, erano andati persi.

Il Comune mirava, con questa legge, a rientrare in possesso di tali beni e se da una parte usava le cattive (chi trasgrediva avrebbe dovuto pagare una multa pari al doppio del valore del bene da restituire) dall’altra ci provava con le buone maniere: se i beni usurpati fossero affluiti subito nelle casse comunali chi li restituiva sarebbe stato ricompensato con due denari senesi ogni libbra di beni restituiti e gli sarebbe stato garantito anche l’anonimato (per evitare la multa).

Tuttavia non dovette essere facile far applicare la legge e “scovare” i non aventi diritto se Agnolo di Tura del Grasso scrive: “e doppo la moria i senesi elessero due giudici e tre notai forestieri, i quali furono sopra a’ testamenti che si fecero in detto tempo e così li ricercavano e li trovavano”.

La perdita degli atti e il proliferare di persone che esercitavano abusivamente l’esercizio creò enormi problemi, come si può facilmente intuire, anche in ambito privato tanto che fino al 1351 abbiamo notizie di controversie patrimoniali sorte a causa di falsi notai che frodavano i cittadini fornendo loro atti non validi.

Davvero la Peste del 1348, che si era abbattuta sulla città come un fulmine inaspettato, colpì come una scure: due terzi della popolazione, fra l’aprile e l’autunno del 1348, furono falciati. Il duomo si fermò, un borgo scomparve. Poi, finita questa, gli effetti nefasti durarono per generazioni. E nulla fu come prima. Né a Siena, né in nessun’altra città.

Maura Martellucci

Roberto Cresti