Morte sul lavoro e discriminazione razziale, Guggiari (Cgil): “Drammi diversi ma uguali”

“Della giornata di ieri purtroppo mi ricorderò due cose: degli incidenti sul lavoro, di cui uno mortale, e della discriminazione subita da due fratelli Italiani in altra provincia di pelle nera in un luogo di cultura come dovrebbe essere la scuola dell’obbligo pubblica, che spesso lo è.”

Sono queste le parole utilizzate da Claudio Guggiari, segretario della Cgil senese, per commentare i due incidenti sul lavoro della giornata di ieri, un operaio morto per la caduta dal tetto di un capannone industriale ed un ustionato grave per essere stato investito da un flusso geotermico, ed i casi di discriminazione razziale.

“Non voglio assimilare una morte sul lavoro o un infortunio gravissimo a due atti di discriminazione razziale: la perdita della vita le supera tutte soprattutto quando avviene sul luogo di lavoro. E, indipendentemente dal fatto che colpito dall’evento tragico sia un dipendente o un lavoratore autonomo, non possiamo non sentirci vicini alle famiglie e fare loro le nostre condoglianze ed, almeno in un caso, i nostri auguri più grandi di una veloce guarigione – spiega Guggiari – D’altra parte sul tema della sicurezza stiamo dicendo da tempo che ridurre i fondi, per esempio destinati all’INAIL o alla sanità in generale per contrastare il fenomeno con una prioritaria attenzione alla formazione e poi ai controlli, non fa altro che alimentare il fenomeno già di per se indegno di un Paese civile. Così come lo alimenta avere un’economia che per buona parte si avvale di una concorrenza al ribasso dei costi, indipendentemente dalle cause degli incidenti accorsi ieri nella nostra provincia. Ma si può morire anche dentro, pur restando in vita. Mi permetto perciò di dire che c’è un tratto comune che unisce accadimenti che sembrano così slegati. Questa cosa si chiama dignità. Dignità dell’Uomo e della Donna che lavorano in condizioni di insicurezza, dignità di bimbi che si vedono discriminati, messi all’indice, torturati psicologicamente e pesantemente per il colore della loro pelle. Ormai sembra che si sia sdoganato quasi tutto quello che di male possiamo dire e fare o non fare a favore dei più deboli o più esposti. Una ricetta storicamente esausta che non guarda al futuro e che nell’immediato può regalare solo consensi effimeri. Se davvero siamo una collettività democratica che si rifà alla nostra Costituzione ed in maggioranza cattolica, pensare che la dignità del lavoratore calpestata dalle sue condizioni sul lavoro sia un problema solo suo (oltre ad essere comunque un grande costo per la società che mi verrebbe di chiamare mercificatrice) è, oltre che un obbrobrio, una contraddizione. Pensare di continuare a mistificare le condizioni pessime del Paese con ruggiti di pancia che alimentano una sottocultura razzista figlia anche di esasperazioni sociali che parlano di diseguaglianze sempre più accentuate fra cittadini, territori, sessi, generazioni è l’aberrazione della lotta contro il nazifascismo. Ecco, Dignità della persona: questa dovrebbe essere la parola d’ordine per riconquistare il nostro futuro.”