Michele Fiorini (Civetta), il custode della memoria del Palio

Michele Fiorini, il custode della memoria storica del Palio

Fin dalla prima metà degli anni ’80 Fiorini si è occupato del recupero di migliaia di filmati che riguardano il Palio e la vita della città, creando un enorme archivio multimediale a disposizione di tutti i contradaioli

Gli occhi sognanti di un bambino che guarda sfilare le comparse della propria contrada, l’abbraccio fra due contradaioli dopo una vittoria che si è fatta inseguire a lungo e le lacrime di chi, invece, quel Palio se lo è visto scivolare via dalle mani. Ma anche il lento scorrere della vita di tutti i giorni nei rioni, vero cuore pulsante della città. Di questo – e molto altro ancora – raccontano i filmati dell’archivio multimediale del civettino Michele Fiorini, che del preservare le tradizioni e i valori di Siena ha fatto una vera e propria ragione di vita. È così che la memoria acquista un senso: tramandare i ricordi di generazione in generazione per non dimenticare da dove veniamo.

Quando e come è iniziata la ricerca, e successivamente l’archiviazione, dei filmati sul Palio e la vita di contrada?

«Ero ancora un ragazzo quando ho iniziato a chiedermi cosa si potesse fare per evitare che questo prezioso patrimonio andasse perso, e da lì all’inizio del processo di ricerca ed archiviazione il passo è stato breve. Nel momento in cui ho iniziato avevo più o meno 15 anni, era la prima metà degli anni ’80. Poi, con il passare del tempo, mi sono ritrovato a disporre di un’enorme quantità di materiale audiovisivo. Materiale che non si concentra esclusivamente sulla corsa: mi occupo di tramandare i ricordi della città in senso ampio. Anche se ovviamente il Palio è una tradizione che affonda le sue radici nel tempo ed è l’oggetto di una larga parte dei documenti storici che riguardano Siena».

Perché è importante la memoria storica?

«Ciò che abbiamo non è scontato e a maggior ragione dovuto. Tutt’altro. Oggi possiamo godere del Palio e delle contrade perché nel passato altre persone si sono adoperate in questo senso. Ho grande rispetto e ammirazione verso coloro che hanno lasciato un qualcosa per chi sarebbe venuto dopo».

Quanto è stato difficile reperire il materiale?

«Il processo di ricerca non è stato poi così complesso. In città sono piuttosto conosciuto e quindi non ho incontrato diffidenza da parte della gente. Vivo questa passione con l’intento della condivisione, non ho l’avidità del collezionista. Il mio lavoro si conclude quando i contradaioli possono vedere il filmato di cui sono entrato in possesso, quando la memoria torna a casa. E non riesco a concepirlo in un altro modo».

Cos’è “Ricordi di Palio”?

«Sto organizzando delle cene nelle varie contrade, che per il momento hanno fatto registrare una buona presenza. Durante la serata mostro ai contradaioli dei filmati rari che riguardano la loro contrada. Non si tratta necessariamente di vittorie di Palii, ma cerco di portare alla luce il modo in cui si svolgeva la vita del popolo contradaiolo negli anni passati. I filmati amatoriali sono fra i più interessanti, soprattutto quelli di un tempo. Registrati su pellicola e in Super 8, grazie alla collaborazione di Riccardo Domenichini della Moviement – che ha prestato il suo aiuto gratuitamente – siamo riusciti a recuperare migliaia di ore di filmati che mostrano non soltanto i momenti del Palio, ma anche scene di vita quotidiana della Siena del passato. È un aspetto che è stato molto apprezzato: le persone hanno l’occasione di rivedere – oppure nel caso dei più giovani di vedere per la prima volta – moltissime persone, anche importanti, della propria contrada. È qualcosa di unico scorgere l’emozione negli occhi degli spettatori nel momento in cui scoprono delle testimonianze del tutto inedite che riguardano i loro cari».

Guardando i vecchi filmati si notano delle differenze fra il passato e il presente nel modo di vivere la contrada?

«Premetto che non sono il tipo che dice che “prima si stava meglio”, ma le differenze ci sono e non mi sembrano tutte positive. La prima che salta all’occhio è che nel passato si aveva un modo diverso di vivere il rione, c’era un vivere la contrada 365 giorni all’anno. Oggi abbiamo invece quello che potremmo definire un ‘mordi e fuggi’. Questo fa sì che, soprattutto trasversalmente, i contradaioli non si conoscano più. Mettiamo che un giorno ci sia una scazzottata fra due contrade: prima il conoscersi faceva sì che ci fosse rispetto per l’altro, non poteva succedere qualcosa di grave se riconoscevi dall’altra parte uno dei tuoi amici con cui magari la sera prima eri uscito per bere qualcosa. C’era rispetto. Oggi invece non conoscendosi, questo ‘freno’ rischia di venire meno».

Un’immagine della mossa durante la storica carriera del 2 luglio 1945

A proposito, che idea si è fatto degli avvisi di garanzia notificati ai contradaioli per i fatti del Palio di agosto 2015?

«Gli episodi dell’anno scorso non sono certo stati tutti uguali, ma alcuni sono davvero risibili. È un segnale che ci dice che questo tipo di cose, piccole o grandi, a Siena non si possono fare più. E questa, dal mio punto di vista, è molto negativo. Non perché debba succedere per forza qualcosa di brutto, non voglio essere frainteso. Ma questa ingerenza, questa mancanza di una rete di protezione fra contrade e forze dell’ordine, che un tempo era rappresentata dal Comune, adesso non c’è più. Il vero problema non è l’avviso di garanzia ma il perché siamo arrivati a questo punto. Le contrade dovrebbero avere un punto di riferimento su cui contare per essere tutelate, e non abbandonate in balia degli eventi come mi sembra che stia accadendo oggi. E la stessa cosa vale per la polemica montata dagli animalisti».

Qual è stata invece la scoperta che non si aspettava di fare rispolverando i filmati del passato?

«Ce ne sarebbero moltissime da raccontare. Se dovessi sceglierne una, recentemente ho trovato in Inghilterra la versione inglese di un documentario sul Palio realizzato da Leandro Castellani, uno dei più importanti registi di inchieste della Rai dell’inizio degli anni ’70. A Siena il film è pressoché sconosciuto. Così ho deciso di mettermi alla ricerca di Castellani e sono riuscito a mettermi in contatto con lui: ‘Ma come fate a Siena a ricordarvi di me dopo tutti questi anni?’, mi ha risposto al telefono trasecolando. Presto andrò da lui e lo intervisterò per farmi raccontare i vari passaggi del documentario. Ho potuto percepire, anche se a distanza, tutta la sua felicità».

Meglio una pellicola in bianco e nero degli anni ’60 oppure uno slow motion in alta definizione?

«Devo dire la verità, non saprei quale scegliere. Oggi con la tecnologia che abbiamo a disposizione c’è la possibilità di realizzare riprese magnifiche, sta a noi farne un utilizzo intelligente. Dall’altra parte, la memoria e il ricordo del passato hanno una magia e un fascino inestimabili: una vecchia pellicola che nasconde al suo interno immagini dei tuoi amici, dei tuoi parenti e della tua contrada non ha prezzo. Sono due piaceri diversi, entrambi importanti».

Giulio Mecattini