L’ironia nel Palio: piccolo manuale ad uso del contradaiolo perfetto (o che aspira ad esserlo)

 

Eccoci, stiamo per entrare negli ultimi quattro giorni palieschi dell’anno. Poi (con l’ovvia eccezione di chi ha vinto) si riavvoltolano le bandiere, si ripiegano i fazzoletti e si ricomincia a guardare il calendario della Robur e della Mens Sana (questo lo fa anche chi ha vinto, ma con un altro stato d’animo, beato lui).

Allora: siamo sicuri che non ti sei dimenticato di niente? di ricordarti a menadito cosa fare e come farlo? Vediamo: ripassiamo insieme un po’ di cosette? Cominciamo.

 

Prepararsi al Palio

Fra due o tre giorni c’è la tratta. Cosa fai? Se sei un contradaiolo d.o.c.g. niente. Quello che hai sempre fatto tutto l’anno. Ma se non lo sei? Se la tua ultima apparizione in Contrada risale alla festa dei tabernacoli dell’8 settembre dell’anno prima, allora è il caso che ti attrezzi. Ricordati di passare le due o tre sere precedenti (non ne padellare nemmeno una sennò è inutile) muovendoti con familiarità in società come se non te ne fossi allontanato nemmeno per andare a far pipì; distribuisci grandi pacche sulle spalle, saluti sonori e sorrisi smaglianti; fai finta di ricordarti parola per parola quel che è stato detto nell’ultima assemblea (non c’eri, ma qualcuno qualcosa t’ha raccontato: non ci vuol molto a passare per ultrainformato. D’altra parte, otto su dieci, chi t’ha raccontato qualcosa l’ha sentito da qualcun altro e dunque le tue cazzate si annacquano in una più generale e condivisa cazzagione). Chi c’era davvero ti ascolterà in silenzio, se è educato, o ti guarderà con compatimento, ma hai otto probabilità su dieci di farla pulita.

La liturgia comincia con la presentazione del Palio. Non mancare: strizzati nell’entrone, saluta più gente possibile della tua Contrada e aspetta che girino il drappellone. Ora hai due opzioni.

Opzione uno: fai il connoisseur esperto d’arte contemporanea e allora meditabondo annuisci e convinto applaudi, poi, a chi ti guarda perplesso, ti sforzi di spiegare i riferimenti alla corrente postqualchecosa o all’estetica performativocinetica.

Opzione due: tiri fuori il nostalgico del Giunti che è in te e allora scuoti le spalle lanciando l’inevitabile, immarcescibile, sempiterno epiteto “a farlo così era bòno anche ‘l mi’ figliolo”.

Da non mancare: ricerchi i segni cabalistici sul drappellone che, inequivocabilmente, dicono che la favorita è la tua Contrada.

 

Guazza, bomboloni e trippa. Dalle prove di notte-al-mattino, alla tratta

Ci siamo: è il giorno (anzi, il mattino presto) delle prove “di notte” (che chissà perché si continuano comunemente a chiamare di notte visto che le fanno quando fa giorno. Mah!). Fatti trovare nei pressi del palco dove vanno quelli d.o.c.g. e osserva con occhio da intenditore i cavalli che girano. Non ci capisci una beata cippa di minchia, ma nemmeno nove su dieci di quelli che ti sono intorno ci capiscono molto di più. Qualcuno (pochi) quei cavalli li ha visti in provincia; altri ne hanno sentito parlare; la più parte si è letto avidamente le schede informative che compaiono sui quotidiani e le ha mandate a memoria. Keep calm and go easy. Gli unici che li conoscono davvero tutti non sono nemmeno i capitani e i mangini. Sono i fantini. E i fantini ciò che sanno se lo tengono per sé aspettando il momento buono di dirlo (se mai glielo dicono) a chi di dovere dopo che un cavallo è stato scelto.

Finite le prove di notte (ormai il sole è alto, ma sempre prove di notte sono): che fai? non vai a mangiare il bombolone? Non lo sai che è di buon auspicio? E, oltretutto, dopo ore lì all’umido (a proposito: l’hai portato il golfino? perché in Piazza, di notte-al-mattino c’è frescolino e guazza) un bombolone caldo con la crema accosta parecchio. Nota di servizio: tutto questo non riguarda i contradaioli di terza età. Non è il caso che facciano i gallettini andando in Piazza di notte-al-mattino e men che meno che s’ingozzino di bomboloni. Poi c’è da fare l’analisi e i trigliceridi si fanno i selfie dal tuo referto.

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E’ il giorno della tratta: incrocia dalle sette del mattino davanti al Comune, guardando con interesse i cavalli che arrivano. Di quelli che hai visto nelle prove di notte-al-mattino mancano diversi. Ti stai chiedendo che cazzo ci sei andato a fare a chiapparti un’intirizzita di guazza nella schiena alle prove di notte-al-mattino, ma lo tieni per te. Non vorrai mica farti riconoscere e rovinare tutto? Mi raccomando: non ti far mancare il foglio con l’elenco ufficiale che distribuisce la guardia. Fògati salta sulle spalle di quelli davanti a te; non ti vergognare a strapparlo di mano al vicino; non peritarti di contenderlo a un moccolone di dodici anni nocchinandolo se occorre. Insomma, ricordati che l’assalto al forno di manzoniana memoria era Disneyland al confronto.

Dai, ora finalmente goditi le batterie. Puoi andare liscio anche qui: la differenza fra quattrogiornista e contradaiolo d.o.c.g. è molto sfumata: quasi nessuno ci capisce una mazza. Però puoi far notare che il numero 50 ha rifiutato il canape (eh, s’è visto! quando son partiti ha girato indietro); che il numero 71 gira largo (sì, possibile: ha portato via i materassi); che il n. 89 si butta (ma aggiungi subito: però potrebbe essere stato il fantino a dargli la traiettoria sbagliata. Così ti pari il culo e nessuno ti può dire niente). Importante, anzi fondamentale, con bocchina arricciata in su a semiculodigallina e sopracciglio leggermente inarcato, “quello, il numero 65, vorrei rivederlo”. Ci ri-capiresti il giusto, ma detto così makes a lot of pott.

Intervallo prima dell’assegnazione. Di rigore colazione con trippa, acciughine sotto pesto e caraffa di vino. Vacci cauto. L’acidità di stomaco non guarda in faccia nessuno (né potrebbe: tutta racchiusa com’è dentro lo stomaco. Se ti vede la faccia è un casino. Vuol dire che hai esagerato e ti sei sciupato tutta la tratta, oltre a passarci da bischero). Però un piatto di trippa e un par di bicchieri di vino ci stanno proprio bene a quest’ora: accostano, fluidificano la compagnia, e la barriera fra chi sta in Contrada quattro giorni a Palio e chi ci sta 365/365 giorni (366 nei bisesti) si attenua ulteriormente. Siamo tutti della stessa Contrada, abbiamo tutti lo stesso sogno nel cuore: embrasson-nous. No! non strafare! non volere per forza offrire un giro di grappa a tutto il tavolo. Poi ti fa male. E se n’accorgono, se cerchi di rimediare a mesi di assenza facendo il principe de’ noantri. Anche per fare i larghi ci vuole stile e capacità di capire momenti e circostanze. Diobonino, ma ti si deve proprio insegnare tutto?

Ok: ci siamo. Suonano le chiarine sul palco. Qui non c’è differenza di frequentazione: lo stomaco si chiude a tutti e lo sfintere anche di più.

 

Col cavallo nella stalla: fra braccioni, speranze, sogni e paure

T’hanno dato il cavallo. Che fai?

Scenario uno. Hanno fatto il lotto in alto ed è un bombolone. Ti precipiti berciando e saltando come una cavalletta con tutti gli altri e poi cominci a sgomitare come un ossesso (anche in questo non c’è differenza fra d.o.c.g. e altri) cercando di conquistarti un posto in prima fila dietro il cavallo. Occhio che il cavallo non scarti e non scoppiòli, sennò sei il primo a cagarti sotto e a scappare rinculando all’indietrina. Figuretta eh! Evita.

Scenario due. Hanno fatto il lotto in basso e non sai chi cazz’è la bestiolina che t’hanno dato. Tranquillo: nel tempo che ci metti a arrivare da Piazza alla stalla è già diventato, il quarto, poi il secondo, alla fine il meglio del lotto. Quando l’hai preso eri convinto che fosse l’ottavo, ma l’importante è crederci: troverai sempre qualcuno che è convinto e ti convince.

Prima prova. Cerca di metterti nelle prime file con i pettoni e i braccioni. Hai un fisico da mezzasega, ma  non importa: in caso di necessità ci sono vicino i bordelli palestrati davvero; ci pensano loro. Abbigliamento: se sei under-forty ,rigorosamente maglietta ultra-aderente che lascia scoperti i tatuaggi etnici,  bermuda e occhiali da sole ardimentosamente tenuti sulla testa (che vorrei sapere che cavolo ti ci pari con l’occhiali da sole sul cranio! lo strullo che hai nel capo?).

Se sei over-forty la situazione è open; ti è anche consentito indossare l’orrendo gilet multitasca (veramente sarebbe la “nostra” divisa di ordinanza per la Piazza, ma noi over-sixty ti si lascia indossare. Unica differenza la gestione del polpaccio. Tu devi calzare Adidas o Nike con o senza calzerotto fantasmino. Noi della terza età ostentiamo l’infame calzerotto corto a righine sbiadite con sandalo che lascia vedere, sotto i calzoni corti, le ammosciate e smoscianti zampette biancacce color ciccia di gallina, e che si sposa bene con la maglietta di tono stinto e color anziano indossata sotto l’inguardabile gilet con le tasche, gli anelli e le cerniere. A ciascuno la sua divisa, bello).

Ci sono casini. Quelle merde dell’avversaria hanno provocato (loro eh! noi? ma di che??? ma quando? ma chi?): i giovinotti si schierano. Sei un giovinotto? Ok, se te la senti prendi il tuo posto (ma prima di far cretinate chiedi sempre consiglio al cervello: è meglio). Non lo sei? Mettiti nelle file dietro: quelle dove sta chi non potrebbe picchiare nemmeno un pupazzo di peluche, ma smanetta, offende, bercia, pressa da dietro chi è nelle prime file e, per questo, rompe i coglioni e fa più danni della grandine. Gnàmo, gnàmo. Torniamo tutti in Contrada e stiamo buonini perché sennò il ruzzino ce lo fanno smettere (mantra immancabile e implacabile: lo sento da quand’avevo 18 anni. Col che, mica voglio dire che sia da prendere alla leggera eh!). Però canta: mi raccomando, corde vocali tirate, muscoli facciali e del collo in tensione massima per far capire che le mani non l’hai menate, ma sei dimolto incazzato e comunque quante glie n’hai dette e se non era perché i dirigenti si son messi di mezzo eh lo vedevi com’andava a finire. E’ finita diversamente: meglio così. Sei il primo a pensarlo, ma non lo dire. Ti porterebbero per bocca e penserebbero che sei una merdolina. Anche quelli che, dentro di sé, la pensano proprio come te. Ma infatti non lo dicono.

 

Prepararsi alla cena della Prova Generale: occhio al look

Passano i giorni: il copione è grossomodo lo stesso. Alle prove del mattino non mancare, anche se la sera prima hai fatto tardi al cenino e hai sotto gli occhi due borse che al check-in a Fiumicino non te le passerebbero come bagaglio di cabina e te le farebbero imbarcare in stiva. Puoi invidiare la vitalità dei ragazzi che cazzeggiano e, soprattutto, delle ragazze che si addobbano in modo da richiamare il nome o del cavallo o del fantino, che tanto – l’uno o l’altro – sono solo un pretesto per consumare una quantità industriale di spritz. O che ci vuoi fare? non hanno manco vent’anni, se non lo fanno ora quando lo fanno? Quando n’hanno 66? Invidia pure, ma, mi raccomando, evita di emulare. Ti porterebbero pel culo anche i gatti.

Il fantino non ti convince? Non fare lo scettico disfattista. Limitati a far trapelare qualche sommessa perplessità. La potrai portare all’incasso la sera del Palio, se avete fatto una bella figura di merda, presentandola con l’immancabile “io che t’avevo detto?”.

Il cavallo da terzo, poi, secondo, poi primo e ridiventato ottavo? Fattene una ragione e spera che vi tocchi un buon posto al canape. Sì lo so, stai già pensando a come andrà a finire, ma lo pensano anche quelli intorno a te e gli fumano dimolto gli zibidei: non fare il cacacazzi. Tientelo per te.

E’ la sera della prova generale: sei sicuro di essere ok? Hai curato l’abbigliamento? Per le ragazze è d’obbligo il look strafaiga. Per gli uomini sì e no. Giacca e cravatta? Se la mettono i dirigenti e quelli che non sono dirigenti ma gli garberebbe parecchio esserlo. Dando per scontato che non sei del primo tipo, vedi tu se ti senti del secondo. Nel qual caso attrezzati e, alle prossime elezioni, in società comincia a girarci per tempo. Alzati in piedi quando si intona l’inno; partecipa a qualche coro: se volevi stare zitto potevi startene a casa tua, mutria! Mostrati convinto dal discorso del Priore e ancor più da quello del Capitano. Non fare il bastian contrario per principio, che se il Capitano dice “buonasera”, mugugni fra te e te “buona sera ‘na sega”. Quello è Francesco Nuti e con questa battuta ci ha già fatto ridere lui. Fai il positivo: vedrai che alla fine stai meglio anche tu.

 

Il grande giorno e poi

E ci siamo. E’ il giorno del Palio. Ora non ci son più categorie: non ci sono d.o.c.g., né quattrogiornisti; non ragazzi, né anziani o citterelle. C’è un popolo che sta male da cani e basta. Se al Maria Mater, quand’è uscito il cavallo di chiesa, ti viene il groppo alla gola è normale. Fra qualche ora sarà tutto consegnato alla storia. O bene o male che sia andato. Frequentatori assidui, frequentatori sporadici, ragazzi, vecchi…saranno un popolo solo che ha condiviso – non importa se con sfumature diversificate – quattro giorni di esaltazione, sofferenza, speranza e amore. Ognuno ha dentro, ora, anche questo, di ricordi da raccontare.

Ci si vede all’assemblea per la relazione del Capitano. Vieni, stavolta. Quelli che ci sono sempre venuti – stai tranquillo – ti abbracceranno e ti saluteranno perché l’appartenenza è appartenenza. Ci saremo tutti: ragazzi, adulti, uomini, donne. Anche noi vecchi.

Dacci solo il tempo di cambiarci l’infame gilet da anziani.

 

Duccio Balestracci