Le occasioni mancate: le mummie della Santissima Annunziata

Nel maggio 1999, in una piccola cappella adibita a sepoltura, posta sotto il pavimento della chiesa della Santissima Annunziata, sono state ritrovate due casse, una delle quali, coperta, conteneva una salma e sopra il corpo di un uomo. L’altra, aperta e con il coperchio appoggiato al muro, accoglieva una mummia vestita di bianco, con un rosario tenuto fra le mani e gli alluci legati insieme con un nastro. L’interesse storico e scientifico della scoperta risiede nell’eccezionale stato di conservazione delle spoglie che, a causa di un particolare microclima creatosi all’interno del sepolcro, si presentano quasi perfettamente mummificate, in due casi su tre in maniera naturale, senza interventi esterni. Il ritrovamento appare di straordinaria importanza anche perché i corpi mantengono tuttora le vesti funebri con le quali furono sepolti, tramandando così fino a noi un raro e prezioso documento per gli studi tessili e la storia del costume. All’interno della bara ritrovata aperta era collocato un tubo di piombo contenente due pagine manoscritte, lasciate “per memoria” da Guido Tucci economo dell’ospedale l’8 settembre 1948.

In quest’anno, infatti, la tomba era già venuta alla luce nel corso del rifacimento del pavimento della Santissima Annunziata, ma del ritrovamento delle mummie restò solo la seguente memoria scritta: “questo sepolcro è stato visitato in questo anno in occasione del rifacimento di tutto il pavimento della chiesa. Furono trovate due casse con due salme che dall’epigrafe posta alla chiusura del sepolcro si ritiene essere quella di Salimbene Capacci e della di lui moglie Mariani De Sozzinis Margherita. La terza salma trovata sopra il coperchio di una cassa non è stata potuta identificare. Ma studi compiuti dal Soprintendente ai Monumenti Comm. Peleo Bacci si ritiene che il ‘Vecchietta’ venisse sepolto nella chiesa dello Spedale e non essendo rinvenuta altra tomba, nella rinnovazione del pavimento, è da supporre che detta salma sia quella del Vecchietta”.

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Per quanto concerne l’identità di due dei tre personaggi sopra citati la ricerca archivistica che ho condotto nel 1999 ha confermato che si tratta veramente del rettore Salimbene Capacci, morto nel 1497, e della moglie, Margherita Sozzini, che gli sopravvisse di quattordici anni. (L’affascinante storia del testamento si ritrova qui). In un documento datato 1678 è tramandato il ricordo della scoperta di due corpi mummificati durante alcuni lavori di ristrutturazione del pavimento effettuati all’interno della chiesa.

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La loro descrizione risulta perfettamente rispondente a due delle tre mummie ritrovate nel 1999, ed è particolareggiata tanto negli abiti quanto nel luogo di sepoltura il quale, tutt’oggi, conserva incise sulle pareti le date relative all’anno di morte sia di Salimbene Capacci che della moglie. La ricerca documentaria ha dimostrato inoltre che il terzo corpo non può essere quello di Lorenzo di Pietro detto “il Vecchietta”. Una testimonianza di inizio Settecento sostiene che le sue ossa vennero ritrovate in occasione di alcune opere di ristrutturazione avvenute nella chiesa della SS. Annunziata e poste in uno degli ossari comuni, forse nella tomba dei Rettori. Del resto durante le operazioni di svestizione eseguite in laboratorio, sono state rinvenute sul corpo della terza mummia alcune medaglie che sembrano risalire al XVII secolo. Tale prova coinciderebbe con il contenuto del documento del 1678, il quale attesta la presenza di sole due mummie all’interno del sepolcro. Tutto ciò, quindi, fa dedurre che il terzo personaggio potrebbe esservi stato sepolto successivamente, forse per sua stessa volontà. In base a tali considerazioni l’ipotesi di identificazione ha portato a ritenere che i resti mortali del terzo personaggio potessero essere quelli di Girolamo Macchi, Scrittore Maggiore del Santa Maria della Scala dalla fine del ‘600 fino ai primi decenni del secolo successivo. Macchi, infatti, nel suo testamento, redatto nel 1730, chiedeva in maniera esplicita di essere sepolto presso l’altare di Santa Francesca Romana, come due secoli prima aveva fatto lo stesso Salimbene Capacci, “dove è una piccola pietra”, che poteva essere la pietra sepolcrale posta sopra la tomba del rettore. Dagli studi effettuati nei laboratori dell’Università di Pisa dal prof. Francesco Mallegni è emerso che il corpo del personaggio privo di identità appartiene ad un uomo molto anziano affetto da una grave forma di arteriosclerosi e Girolamo Macchi al momento della morte aveva circa ottantasei anni, inoltre aveva indosso medaglie risalenti al XVIII secolo. Il lavoro eccezionale fatto da Mallegni e dal suo staff è stata la ricostruzione facciale dei tre personaggi che così hanno un volto (il volto di Macchi è perfettamente somigliante ad un suo ritratto custodito al Santa Maria della Scala). Il rammarico è che i corpi mummificati siano di nuovo nascosti sotto il pavimento della chiesa, mentre gli abiti del tempo, i monili, medaglie e le monete ritrovate loro addosso non sappiamo ad oggi dove siano, nè se siano mai stati restaurati; il rammarico è che questa eccezionale scoperta in oltre quindici anni non abbia portato ad una esposizione, ad una mostra che sarebbe stata unica e certo avrebbe attratto migliaia di senesi e turisti. Peccato davvero che anche questa scoperta sia finita nel dimenticatoio.

Maura Martellucci

Roberto Cresti