Le mani pulite di Achille Sclavo

Prosegue il racconto intimo, affettivo, familiare del professor Paolo Neri che racconta chi era suo nonno, Achille Sclavo. Vi stupirete, come noi, nel conoscere tratti sconosciuti e improvvisi di un uomo che, conosciuto per la sua attività con i vaccini, prediligeva però prevenzione e igiene in maniera diversa.

 

Nel precedente articolo ho accennato a come Achille Sclavo, chiamato nel 1911 a domare l’epidemia di colera che tormentava la Puglia, abbia promosso la costruzione di acquedotti sicuri e di fogne efficienti, anziché un’inutile campagna di vaccinazione che avrebbe giovato molto ai suoi interessi di produttore di sieri e vaccini: una prova evidente della sua personale onestà.
Sclavo non limitò il suo impegno alla Puglia. Si batté in molte parti d’Italia per sconfiggere con opere moderne di Ingegneria sanitaria non solo il colera, ma molte altre (come il tifo), che, specie in estate, a causa di condizioni igieniche primitive, affliggevano tante nostre città.
A quel tempo, infatti, gran parte della popolazione si lavava in cucina, e spesso le ‘latrine’ erano del tipo cosiddetto ‘a tonfo e puzzo’, mentre l’acqua per bere e cucinare proveniva da pozzi o sorgenti senza controllo.
Sclavo nelle sue lettere alla moglie parla spesso delle ‘battaglie’ contro i proprietari di acque private, che osteggiavano la costruzione di moderni acquedotti.

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Oggi è scontato apprezzare la Salute pubblica e l’Igiene. Non così in passato. Infatti, in un suo discorso ai maestri d’Italia subito dopo la fine della prima guerra mondiale, Achille Sclavo ricorda come alcuni giornali portarono sul banco degli accusati l’Igiene, rea di aver indebolito la razza, salvando i più deboli, e, di conseguenza avere provocato la rotta di Caporetto.
Ancora: in un’altra occasione Sclavo denuncia l’ostilità di alcuni medici verso l’Igiene che, a parer loro, veniva privandoli di clienti. Forse qualche progresso, da allora, l’abbiamo fatto.
Ma anche qualche regresso. Mi spiego.
Ogni anno, Sclavo dedicava la prima lezione a insegnare ai suoi studenti come lavarsi le mani.
Non solo l’importanza di farlo, ma proprio come farlo: infatti, le mani sporche sono il primo veicolo d’infezione. Solo da poco ho appreso (sono ormai un nonno) che nei bagni delle nostre scuole non viene fornito il sapone (e talvolta neppure la carta igienica).

Mi domando allora perché molte madri si scaldino se alla prole non viene fornito cibo cosiddetto ‘biologico’, e non facciano altrettanto per esigere che ai loro figli venga garantito il presidio basilare delle mani pulite?

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Per Achille Sclavo, subito dopo le mani pulite e l’igiene personale in generale (sempre a Sclavo si deve la costruzione dell’istituto dei bagni pubblici) l’impegno era quello dell’aria aperta e del sole, che lo indusse a promuovere le scuole all’aperto, in Fortezza, e la colonia elioterapica a Belcaro.
Fu un modo per sottrarre alle condizioni malsane dei rioni di un tempo tanti ragazzi, almeno per una parte della giornata.
Il terzo impegno di Sclavo fu a favore dello sport. Fu, infatti, presidente della Mens Sana e, al ritorno dal suo primo viaggio in Inghilterra nel 1912, introdusse in Italia i boy scout.
Quasi tutti oggi praticano lo sport, ma quanti giovani sono pronti a lasciare per un momento il motorino e fare quattro passi in campagna, o a rinunciare a pigiarsi in ambienti chiusi, come palestre e discoteche?
La lezione che Achille Sclavo impartì, non solo da una cattedra universitaria, ma con l’esempio di una vita, è questa: il nostro organismo, quando la genetica lo consente e se è correttamente gestito, dispone, anche senza l’aiuto di farmaci o vaccini, di efficienti sistemi di difesa.
E’ una cosa che, in un’epoca in cui la tecnologia sembra talvolta prendere il sopravvento sul buon senso, andrebbe meditata e approfondita.

Paolo Neri