Io, Tommaso Pendola

Capita a tante persone di percorrere piazze, strade, di entrare nei corridoi di un vecchio palazzo dove giocavano da bambini e rivivere la loro storia in quel luogo, dice che si possa parlare di dejavù quando accade, e poi ci sono molte altre persone che ripercorrono strade e edifici che hanno rappresentato la loro vita e la loro storia e a fatica riconoscono i luoghi del cuore: a me è successo questo. La strada che, incrociando Via San Pietro, conduce alla Piazzetta di Sant’Ansano, quando la percorrevo io, si chiamava Via delle Murella e quasi alla fine di essa si trovava il complesso dell’ex Convento di Santa Margherita in Castelvecchio che dal 1832 divenne per me e per tanti altri ragazzi un punto di riferimento, una casa. Ci sono ripassato l’altra notte, ben attento a non farmi vedere da nessuno (sì lo so che è normale non vedere un fantasma ma per me… io esisto) e a fatica ho riconosciuto l’edificio: quando l’Opera lo acquistò nel 1832 e me lo affidò era molto più grande di così e molto, molto diverso. Non era solo l’architettura a essere diversa, era il clima, era quello che rappresentava la nostra attività per la città e non solo, era l’entusiasmo e l’attenzione che richiamavamo agli occhi di tutti io e i miei ragazzi, i ragazzi e, a partire dal 1835, le ragazze con i quali lavoravo e cui cercavo di insegnare a comunicare nonostante mancasse loro la capacità di parlare e di percepire i suoni in modo pulito e preciso.

010-Siena

Nel silenzio di quell’edificio grandissimo c’era rumore di vita, un rumore forte, che ci spingeva a fare in modo che più gente possibile sapesse della nostra attività e quindi ad organizzare congressi e incontri. Eravamo un riferimento per la Toscana e il mio, il nostro metodo, aiutò gradualmente tanti, tanti di quei ragazzi ad entrare in contatto con la gente che faticava a capirli..certo senza l’aiuto del Granduca Leopoldo II non sarebbe stato possibile tutto questo, ma la nostra fu una sinergia perfetta. Dopo la mia morte nel 1883, l’istituto continuò la sua attività imperterrito, ma poi come spesso accade, qualcosa in quel magico equilibrio si ruppe e a partire dal 1964 l’ Istituto entrò in crisi e quasi cento anni dopo di me chiuse i battenti: era il 1980. Ci sono voluti percorsi legali, tempo e collaborazione, fondamentale quella con il professor Marino Bennati, prima che il vecchio Regio Istituto per Sordomuti tornasse ad esplicare una funzione simile a quella che aveva quando io lo dirigevo. Mi dicono che oggi è un centro di rieducazione, una casa di riposo per sorde, un centro di documentazione e ricerca, una biblioteca pedagogica: sulla scia di quello che avevo iniziato io è diventato polifunzionale. Gli spazi però sono ben diversi, una parte è stata fino al 2012 l’economato della Contrada della Tartuca, un’altra, quella del cortile interno della sezione maschile, ancora oggi è parte della Società della Contrada della Pantera.

TommasoPendola

Chi lo avrebbe detto quasi due secoli fa che ripassare oggi davanti al vecchio Istituto mi avrebbe scombussolato così tanti ricordi, così tante emozioni, questo salto indietro nel tempo mi ha travolto talmente tanto che neanche mi sono accorto che oggi Via delle Murella porta il mio nome: Via Tommaso Pendola… e io, che pensavo di essere stato solo un prete pedagogista e per certi versi un po’ anacronistico! Quante cose si scoprono, mi ci diverto a passeggiare in su e in giù per la mia strada, ogni notte, senza che nessuno mi veda!
Tommaso Pendola

(in collaborazione con Vittoria Guideri)