Cuna, cantiere infinito: viaggio fra eternit e rifiuti nel complesso medievale

A Cuna: viaggio fra impalcature, cantiere abbandonato e rifiuti

Un complesso del XII secolo soffocato da impalcature abbandonate, sporcizia, rifiuti e perfino eternit, nascosto sotto pannelli di plastica. Un gioiello della campagna senese offuscato, perfino maltrattato e stuprato dall’incuria e dall’inciviltà. E’ il complesso di Cuna, a poche centinaia di metri da Monteroni d’Arbia, lungo la Cassia. Un luogo dove sorge la grancia omonima, che oltre a essere uno dei complessi architettonici più particolari e interessanti, sarebbe un esempio fulgido una fattoria fortificata medievale. Il condizionale è d’obbligo perché attualmente il complesso è “nascosto” da un’impalcatura che lo rende quasi del tutto invisibile; inoltre sia all’interno che nella zona antistante di “medievale” c’è rimasto ben poco, mentre si notano anche troppo i passaggi dell’uomo e degli animali; sporcizia, rifiuti, escrementi.

Il complesso di Cuna è attualmente un condominio, di proprietà del Comune di Monteroni d’Arbia e di un soggetto privato. L’amministrazione si è presa in carico la ristrutturazione da diversi anni, provvedendo anche a coprire il cantiere con un telone, che si nota chiaramente anche dalla Cassia. Una tensostruttura ormai presente da più di dieci anni. E’ un tendone che dovrebbe servire per proteggere temporaneamente la struttura e gli operai che sotto lavorano. I rumori di scalpelli, martelli, chiodi però, non vengono ascoltati da diversi anni. E così la grancia di Cuna, luogo dove anche recentemente in molti si recavano per ricevimenti di matrimoni e dove ci sono comunque diversi appartamenti privati, sembra quasi abbandonata a se stessa.

Da almeno cinque anni c’è una gru montata, che però è ferma da tempo. Così come è fermo il cantiere, nonostante le impalcature montate all’esterno e all’interno del complesso. “Ogni tanto – dicono i residenti – vediamo arrivare qualche operaio a fare qualche lavoro, ma ci sono parti del cantiere ormai completamente abbandonate”. Anche perché servirebbe portare avanti il cantiere in maniera organica, per una riqualificazione definitiva. Solo in alcune parti interne si vede la ristrutturazione del castello, come nel corridoio che porta a una splendida Madonna del Quattrocento. Una goccia nel mare, però.

 

“Sono nato a Cuna nel 1935 – racconta sconsolato un abitante della zona -, mio padre aveva una casa qui”. E indica un portone dove adesso, invece, c’è guano, sporcizia e anche crepe nei muri, che non fanno presagire nulla di buono. Anche nel perimetro esterno si notano crepe e nella zona evidentemente una volta adibita a magazzino e alle stalle c’è addirittura un inquietante cartello “edificio pericolante”.

“Chiediamo – dicono i proprietari – al Comune di riattivare il cantiere e comunque di provare a fare un po’ di sistemazioni. Così le case sono quasi irraggiungibili e in alcun casi inagibili. E chiediamo anche di attivarsi con il privato per caprie a chi spetta la manutenzione di alcune zone ‘comuni’, dove comunque dobbiamo passare per raggiungere le nostre abitazioni”. Del resto il cantiere non è sorvegliato, la zona è di fatto accessibile a tutti, anche agli avventori che lasciano rifiuti e, qualche volta, escrementi. Non è un bello spettacolo, vito che Cuna si trova oltretutto sulla via Francigena e da gioiellino di “ricovero” come narra la storia si è trasformato in tutto l’opposto, non solo per chi ha una proprietà, ma anche per chi transita.

Come se non bastasse, in una zona esterna al castello ma a pochi metri da un’abitazione privata e comunque sotto le finestre di alcuni condomini, è stato depositato il materiale del cantiere (impalcature smontate e quant’altro, tutto esposto all’aria e all’usura) e, soprattutto, l’eternit derivante dal sottotetto del complesso, da dove sono stati rimossi alcuni depositi. Le vibranti proteste dei residenti hanno fin qui prodotto solo la copertura del materiale pericoloso con la plastica, ma non la sua rimozione completa. E secondo le testimonianze raccolte il materiale si trova in quel punto da diversi anni.

Eppure a Cuna si è scritta una pagina di storia. Lì sorgeva uno spedale per l’ospitalità di pellegrini e mercanti che transitavano lungo la Via Francigena. Il luogo fu donato da Ranieri di Prezzulla allo Spedale di Santa Maria della Scala di Siena nel 1224, che vi edificò la chiesa parrocchiale e la struttura fortificata della Grancia. Ben tre papi sono ricordati aver sostato e pernottato presso la Grancia di Cuna: il primo fu Urbano VI nel 1386, poi Martino V nel 1420 e infine Paolo III nel 1541. Durante la guerra di Siena, la fortezza di Cuna fu una delle principali roccaforti difensive, sotto il comando del capitano Mazzangone, contro l’esercito austro-ispanico; tuttavia, nonostante le resistenze, Cuna fu presa e saccheggiata nel luglio del 1554. Una pagina che sarebbe bene riaprire quanto prima.

Alessandro Lorenzini