Del calcio e delle scommesse

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Puntuale come il Natale, ecco scoppiare l’ennesimo caso di calcio scommesse. Questa volta i coinvolti non sono giocatori e squadre di prima fascia, ma di Lega Pro e serie D, ma nonostante questo è bastata la parola “calcio” per riempire le prime pagine di siti web e giornali. Non è la prima e non sarà l’ultima volta che veniamo a sapere di inchieste di questo genere, e se da una parte i tifosi ne rimangono colpiti e danneggiati (loro si, per davvero) dall’altra partiranno le solite polemiche moraliste dei detrattori del calcio che con fare snobistico accuseranno tutto il mondo di questo sport. Per esaminare le vicende in questione, dobbiamo toglierci la patina di ipocrisia e non fare di tutt’erba un fascio. Proprio nel giorno dello scoppio della nuova inchiesta su calcio e illeciti legati alle scommesse, è uscito il “Report Calcio 2015”, uno studio edito dalla Figc sullo stato del calcio nostrano. Ovviamente non ha avuto l’eco che meritava, oscurato com’è stato dal nuovo scandalo. Da questo rapporto si evincono molte cose che anche i più acerrimi nemici del calcio non possono negare. Il calcio è lo sport più praticato in Italia e nel mondo, ma non è solo la passione che muove le folle. Il pallone italiano rientra nell’elenco delle 10 maggiori industrie italiane e contribuisce in maniera esponenziale al fisco italiano. Non solo, lo studio sottolinea come il calcio incida per il 25% dei tesserati totali delle 45 federazioni sportive associate al Coni.

 
Questi numeri significano che il calcio richiama soldi e dove ci sono i soldi, purtroppo, ci sono i malfattori. Succede in tutti i campi, dall’alta finanza per arrivare alla politica. Se poi ci aggiungiamo che molte delle squadre sportive, soprattutto di serie minori (come quelle coinvolte nel nuovo scandalo) non pagano i tesserati perché a corto di denaro, la frittata è fatta e la delinquenza comune si può infiltrare alla grande, con buona pace dei risultati e dei meriti sportivi.

 
Il vero male del calcio non sono solo questi disperati che per poche migliaia di euro vendono onore e partite, ma anche e soprattutto le autorità calcistiche che da anni hanno perso credibilità con controlli assenti, con verdetti assurdi, contraddetti nei vari gradi di giudizio. Se diamo una Ferrari ad un neo patentato, insomma, si possono creare dei danni enormi, nel calcio di fronte ad un professionismo esasperato dei livelli più alti, abbiamo un mondo dirigenziale che definire dilettantistico è anche troppo poco. “Chi vuole fare calcio in Italia deve avere i mezzi per farlo perché questo è il sistema. Si sta entrando nell’ottica della mutualità permanente » ha detto il presidente della Figc, Tavecchio, alla presentaione del Report 2015. Parole sante, ma i fatti? Poniamo il caso di una società di lega Pro che si iscrive al campionato barando, grazie ai mancati controlli della Lega. Mettiamo che questa non paghi i giocatori e che non rispetti le scadenze. Mettiamo il caso che dei delinquenti si avvicinino a questi giocatori che non prendono un euro da mesi, e gli propongano degli accordi ben retribuiti per aggiustare le partite. Sono colpevoli solo loro o anche quei dirigenti che hanno contribuito con la loro inefficienza, al crearsi di una situazione simile?
 
Il Siena, per esempio, negli anni scorsi ha pagato molto più di altri, trovati colpevoli con le mani nel sacco e solo sfiorati dalla “giustizia” sportiva. Maggior rigore e credibilità delle decisioni prese, solo queste cose potranno ridare fiducia da parte dell’opinione pubblica ad un mondo fatto di sport e passione, ma anche di tanta, troppa facile intromissione del mondo della malavita. Il calcio dovrebbe ripulirsi, azzerare tutte le cariche per ripartire, ma dubitiamo che saprà farlo. Peccato, perché gli sportivi veri, i tifosi che amano questo sport, i ragazzini che sognano fin da piccoli la maglia della nazionale, non lo meritano assolutamente.

 

Difendiamo il calcio dai suoi dirigenti!

Antonio Gigli