Santa Maria della Scala: quando un ospedale curava anche

Le cure all’interno del Santa Maria della Scala e le varie figure addette all’assistenza dei malati: medici, cerusici, barbieri e speziali.

Dai racconti fatti fino ad oggi sul Santa Maria della Scala, sul suo ruolo e le sue funzioni, sembra che l’ospedale si occupasse di tutto tranne che dei “malati” nel vero senso del termine, di persone con patologie fisiche più o meno gravi. In realtà l’ente ospedaliero è fin da subito un punto di riferimento per tutti i “bisognosi” poveri o malati che fossero, anche perché l’indigenza e la vita di stenti portava spesso con sé anche la malattia. Questa funzione è ben esplicitata anche nei primi statuti di cui l’ospedale si dota e in quello redatto nel 1318 dove si legge espressamente: “e che in adiuto de li infermi (…) esso Ospitale degga avere a le sue spese duo medici, cioè lo uno fisico e lo altro cirurgico et uno spezieri, li quali sieno frati del detto Ospitale(…) e deggano avere convenevoli salarii, sì che volentieri e graziosamente medichino”.

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Le norme che dal 1318 in poi, e per molti secoli, disciplineranno la vita ed i servizi del Santa Maria, riservano uno spazio notevole ai malati, alla loro ammissione e alla loro cura: saranno ricoverati dietro il parere di due medici; saranno assistiti da un’equipe formata da un medico, un chirurgo e uno speziale (meglio, si dice, se provenienti dal personale interno – meno costosi e sempre presenti in caso si urgenze – ma, all’occorrenza ingaggiati da fuori dietro corresponsione di stipendio); saranno ospitati in letti forniti di lenzuola e coperte.
Il medico detto “fisico”, perché cura le alterazioni organiche e funzionali del corpo, con il passare del tempo diventa una figura sempre più specializzata e il rettore dell’ospedale cerca di avere all’interno dell’ente medici capaci e anche di chiara fama (nel 1385 viene assoldato “lo egregio et famosissimo doctore d’arti et medicina magistro Bartalo di Tura da Massa”, per esempio, oppure nel 1437 l’ente assume “lo famoso dell’ati et medicina doctore maestro Giovanni di maestro Domenicho da Siena“). I medici, se vivevano all’esterno dell’ospedale, avevano comunque l’obbligo di recarsi due volte al giorno a visitare i pazienti. I contratti per i medici “fisici” sono al massimo di uno o due anni e il numero dei medici stessi presenti nell’ospedale aumenterà nel corso del XV secolo quando l’aspetto della “medicalizzazione” ospedaliera prenderà maggior campo rispetto, ad esempio, all’accoglienza dei pellegrini e quando verranno destinati maggiori spazi alla cura.

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Il cerusico, invece, è il chirurgo che si occupa di medicare le piaghe e le ferite (anche da guerra) e per questo è conosciuto proprio come “medico da ferite”. Al mattino si trova all’esterno dell’ospedale dove svolge funzioni, diremmo oggi, di pronto soccorso aiutando e curando tutte le persone che non necessitano di ricovero. In seguito si sposta all’ interno e la sua attività, oltre che nei pellegrinai dove sono accolti i malati, si svolge in spazi appositi conosciuti come “medicheria” (una sorta di odierna infermeria).
Anche il “barbiere” assiste medico e cerusico nella cura degli infermi. Egli ha il compito fondamentale, in quest’epoca, di occuparsi dell’igiene dei pazienti che entrano in ospedale al fine di evitare i contagi: li lava e li rade. Svolge poi funzioni paramediche: effettua salassi, estrazioni dentarie, assiste il cerusico nelle medicazioni e fasciature.
Non meno importante appare lo speziere che ha il compito di preparare e somministrare ai malati le medicine che il medico prescrive. Lo speziale doveva avere requisiti precisi: essere iscritto all’Arte, essere cittadino senese, avere buona fama e garantire competenza e rettitudine per non mettere in pericolo, con i suoi preparati, i pazienti. La spezieria del Santa Maria della Scala era rinomata per la ricchezza dei medicamenti che venivano fatti in una cucina dedicata e ricca di strumenti che erano i più sofisticati dell’epoca. Accanto e al servizio della spezieria esisteva anche un giardino dei semplici, sempre interno all’ospedale, dove venivano coltivate le piante officinali.
Una struttura medica complessa, dunque, che viene rappresentata (anche per imprimere sui muri e negli occhi di chi guarda l’importanza di questo aspetto dell’attività ospedaliera) alla metà del Quattrocento da Domenico di Bartolo in uno degli affreschi più vivi del pellegrinaio: “La cura degli infermi”.

Maura Martellucci
Roberto Cresti