Il primo statuto del Santa Maria della Scala

Il primo statuto che fissa sulla carta le norme che disciplinano la gestione e l’amministrazione dell’ospedale di Santa Maria della Scala e che, di fatto, ha la duplice funzione di regola interna e di proiezione di sé all’esterno, è molto tardo rispetto alla sua fondazione dato che risale al 1305. I vertici dell’ente caritativo, in effetti, prima di redigere questa normativa avevano resistito il più a lungo possibile sia all’assedio operato dalla Chiesa, che esigeva la riscossione delle imposte ecclesiastiche, sia alla pressione operata dal Comune di Siena che vedeva nelle oblazioni di molti cittadini all’ospedale, con conseguente donazione di parte o di tutti i propri beni, un modo di sottrarsi alla fiscalità.
Era tutto molto complesso e proprio sull’ambiguità il Santa Maria aveva giocato nel secolo precedente non incappando nella trappola dell’irrigidimento istituzionale che una regola scritta porta necessariamente con sé, ma restando sul filo del rasoio per incrementare in maniera libera e, al tempo stesso, disinvolta il proprio patrimonio. Ma con l’avvento dei Nove, e con i dissesti finanziari che il Comune si trova ad affrontare, le cose cambiano e la caccia agli evasori fiscali, anche a quelli che si nascondono nei meandri dell’ospedale, si fa tenace, tanto che si arriva a pretendere (anche se, nei fatti, la pretesa verrà ampiamente disattesa) che l’ente assistenziale denunci al Consiglio Generale tutti gli atti di oblazione e tutte le proprietà donate.

Un metodo sottile e subdolo quello che si cerca di mettere in atto per avere il quadro esatto dell’ingente patrimonio del Santa Maria e dei rapporti che l’ospedale aveva stretto con le più importanti e ricche famiglie senesi tramite l’oblazione di qualche congiunto. In realtà le trame dei rapporti intessuti tra Comune e ospedale fin dal ‘200 sono ben più intricate. Lo stesso Santa Maria, mentre da un lato cerca di svicolare dai controlli imposti sui propri beni, dall’altro si appoggia alla stessa gestione comunale grazie alla quale può rivendicare tutta una serie di benefici che portano il maggiore ente caritativo ad affrancarsi definitivamente dai Canonici del Duomo che lo avevano fondato.

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Ma anche i Nove sanno giocare bene le loro carte e così molte fondazioni assistenziali ricevono la loro “protetione et defensione” e vengono innalzati al ruolo di ospedali “del Comune di Siena”, con tutti i privilegi e immunità fino ad allora ad esclusivo appannaggio del solo Santa Maria, creando così le condizioni per giustificare come necessaria una riforma dell’intero settore assistenziale. Riforma che nelle intenzioni dei governanti, vista anche la difficile situazione delle casse comunali, significava essenzialmente un diretto controllo sui patrimoni ospedalieri. Il campanello d’allarme per il Santa Maria fu forte e divenne evidente che era ormai giunto il momento di darsi un corpo organizzato e codificato di norme.
Così, tra l’inverno e l’estate del 1305, il rettore e il Capitolo del maggiore ospedale senese fissano sulla carta consuetudini, equilibri e ruoli che da ben oltre un secolo ne regolavano il funzionamento quotidiano. Del resto che la stesura degli statuti fosse indirizzata anche ai governanti di Siena ce lo dice la prima rubrica dove è esplicitato l’obbligo “d’amare el Comune de Siena, e de non frodarlo e di non lassarlo frodare per alcuna casione e modo per alcuna persona dell’ospedale”. Una dichiarazione di fedeltà che nelle intenzioni doveva tranquillizzare il Comune sull’impegno che l’ospedale avrebbe posto nell’impedire qualsiasi frode fiscale tentata dai suoi oblati. Questa la professione in apertura di Statuti; poi le 60 rubriche seguenti servivano per dimostrare ai Nove che il Santa Maria della Scala era ormai una realtà ben organizzata al controllo della quale nulla sarebbe potuto sfuggire.

Ma con le stesse 60 rubriche l’ente caritativo riuscì a nascondere sotto l’ala protettrice del segno della scala la pluralità di figure esistenti fin dalle origini nei corridoi dell’ospedale. Quell’ambiguità nelle forme dell’oblazione che durerà per tutto il medioevo nella misura in cui l’ospedale non si dimostrerà mai disposto a tradire i suoi oblati, né mai gli converrà farlo, neppure sotto la minaccia del fisco.Infatti, quando il 17 luglio 1305 due ufficiali del Comune di Siena bussano al Santa Maria della Scala per esigere i libri di amministrazione dell’ente, gli viene presentato lo statuto nuovo di zecca scritto non solo in latino ma anche in volgare perché fosse per tutti di immediata comprensione, a partire dall’iniziale giuramento di fedeltà al Comune. Un secondo statuto, più completo e riflettuto, verrà redatto alcuni anni dopo, nel 1318 e questo resterà in vigore, invariato, fino al pieno Cinquecento.

Maura Martellucci
Roberto Cresti