Quando i genitori fanno troppo per i loro figli…

Quando i genitori fanno troppo per i loro figli, i figli non faranno abbastanza per se stessi

Quando i genitori fanno troppo per i loro figli, i figli non faranno abbastanza per se stessi.

Sebbene fare il genitore sia unanimemente considerato uno tra i mestieri impossibili, imparare a comunicare efficacemente con i figli è invece ritenuto possibile. Oscar Wilde con la sua nota sagacia scrive che è proprio con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori. Questo aforisma sembra calzare perfettamente all’evoluzione del rapporto tra figli e genitori osservato in Italia negli ultimi decenni. La famiglia è, o meglio dovrebbe essere, un’organizzazione alla cui base esistono regole che proteggono e, al contempo, permettono ai figli di crescere e diventare adulti. A volte queste regole diventano troppo rigide, in altri casi troppo permissive, ritardando o addirittura bloccando il naturale percorso evolutivo del giovane che, per divenire adulto, necessita di rendersi autonomo e capace di assumersi responsabilità sia personali che sociali. E’ bene sottolineare che non esistono modello di relazione familiare di per sé sani o malati, ma questi possono diventare patologici nel momento in cui assumono una rigidità tale che non conte di adattarsi agli inevitabili cambiamenti.

Osservando le difficoltà che possono insorgere nell’odierna adolescenza e di come queste possono mantenersi, ritengo opportuno chiarire che, dal mio punto di vista, l’origine dei problemi non risiede nei singoli individui, ma nella qualità delle relazioni che essi creano e fanno evolvere in relazione a se stessi, gli altri e il mondo. Pur rientrando nella normalità della vita, l’arduo compito di far crescere i figli può diventare problematico, compromettendo anche la gestione delle relazioni familiari ed extra familiari. In alcuni casi può essere utile avere indicazioni operative per prevenire problemi che con il tempo potrebbero sfociare in vere e proprie patologie o avere gravi conseguenze. Come si può ad esempio comportare un genitore in casi di reali rischi, comportamenti sbagliati o devianti messi in atto dai figli adolescenti?

L’adolescenza è il periodo della vita in cui si inizia ad affrontare alcune tra le più importanti sfide della vita, tra le quali costruire la propria autonomia, separandosi dalle figure genitoriali. Tale compito richiede molte energie sia per il ragazzo, da un lato ancora bisognosi di protezione ma dall’altro lato bramoso di autonomia, sia per i genitori, che spesso non sanno come gestire questa sua lotta interna. Le principali criticità si manifestano tendenzialmente in due ambiti: a scuola, attraverso lo scarso rendimento, le assenze prolungate e ingiustificate e talvolta l’abbandono stesso, nella società, attraverso l’opposizione alle regole, assumendo cioè un atteggiamento di sfida alle regole dei genitori prima (orario di rientro a casa, aggressività espressa ecc…) e della società in generale poi (uso o abuso di sostanze psicoattive legali o illegali ecc…). Di fronte a questi possibili comportamenti negativi del figlio, che cosa generalmente fanno i genitori? Spesso si arrabbiano, rimproverano il figlio, lo puniscono quando sbaglia e lo premiano quando è bravo (come facevano quando era piccolo), cercano in tutti i modi di correggerlo ma poi finiscono per esaurirsi essi stessi poiché frustrati e delusi dai risultati.

Ahimè, queste strategie, come ben spiegato da Giorgio Nardone in “Aiutare i genitori a aiutare i figli”, seppur messe in atto con le migliori intenzioni, sono quasi sempre fallimentari. Arrabbiarsi e rimproverarlo, oltre ad essere uno sfogo fine a se stesso che spesso aumenta le discussioni anziché placarle, va a confermare al ragazzo la distanza abissale che egli stesso percepisce tra sé e gli adulti, spingendolo ulteriormente a ribellarsi alle regole che i genitori vorrebbero imporgli. Punire e cercare di correggere va a confermare paradossalmente al ragazzo ribelle che quel comportamento è giusto, proprio perché indesiderato da parte dei genitori! Che cosa è invece utile fare per aiutare i figli a diventare autonomi e contemporaneamente evitare comportamenti a rischio? La prima regola è osservare senza intervenire. Se i genitori iniziano a fare un passo indietro, è molto più probabile che i figli ne facciano due avanti. In questi casi, già lo smettere di voler corregge porta nei figli una minore opposizione.

Diventa poi fondamentale mantenere il controllo e la gerarchia familiare, attraverso posizioni ferme e decise. Inoltre, bene ricordare che utilizzare premi/punizioni con un adolescente non è la stessa cosa che con un bambino piccolo. Se con quest’ultimo il premio/punizione può avere i suoi benefici effetti, con un adolescente andrà semplicemente a rafforzare la scarsa autonomia del ragazzo.

E la vecchia strategia con quella ben più efficace della “inevitabile conseguenza”: si passa dall’idea che il genitore è giudice, all’idea che il ragazzo è responsabile delle conseguenze delle proprie azioni. Noi siamo condannati a essere liberi, sosteneva Kierkegaard, a scegliere e a essere responsabili delle nostre scelte come dei nostri possibili errori. Ciò significa rimandare indietro la responsabilità delle proprie scelte al figlio ed essere anche disposti a correre il rischio che ci batta la testa, perché solo così possiamo offrirgli la possibilità di diventare un adulto responsabile in grado di scegliere e di correggere eventualmente le proprie scelte. “I vostri figli potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri” (K.G. Gibran).

Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo
Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica di Arezzo Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia