Serial killer al femminile: quando il fascino è letale.

Serial killer al femminile: quando il fascino è letale.

Spesso nelle pagine di cronaca nera leggiamo il termine Serial Killers. A primo colpo, pensiamo a uomini efferati e enigmatici, maschi malati ma paradossalmente affascinanti a tal punto da rappresentare uno tra i più forti simboli della cultura di massa. Fiumi di pagine e chilometri di pellicole sono state dedicate a questa particolare tipologia di criminali. Ci possono venire in mente personaggi frutto della fantasia come Hannibal, o persone realmente esistite come il mostro di Milwaukee, o il nostrano Giancarlo Giudice, detto il “mostro di Torino”, che nella prima metà degli anni ’80 del Secolo scorso ha ucciso nove prostitute. Difficilmente ci verranno però in mente donne delicate nei modi, sebbene letali nella sostanza. A dispetto del pregiudizio e dei falsi stereotipi, la donna, vincente protagonista di molte battaglie etiche che hanno determinato la sua stessa emancipazione nella società contemporanea, può ormai considerarsi affermata anche in ambito criminale. Nell’insopportabile e ripugnante clima di femminicidi ad opera di maschi che non fanno gli Uomini troppo gelosi e incapaci di gestire la propria frustrazione, desidero presentarvi l’altra faccia della medaglia ovvero le truci nefandezze compiute dal “gentil sesso”. Esistono dunque serial killers al femminile? Certo che si.

Alcuni studiosi hanno approfondito questo argomento, determinando un ipotetico profilo e ricorrenti caratteristiche. Stiamo parlando di donne spesso provenienti da famiglie disagiate, che hanno spesso subito abusi nell’infanzia e hanno nel tempo sviluppato un’intensa e aggressiva sessualità. La loro autostima è spesso bassa e percepiscono gli altri come nemici e il mondo come avverso. Fin qua, niente di sostanzialmente diverso rispetto ai loro colleghi uomini. Stessa simmetria è riscontrabile anche se consideriamo le armi utilizzate? Sebbene l’arma che più utilizzano le donne possa essere considerata la loro stessa femminilità, trattandosi tendenzialmente di donne affascinanti e avvenenti sopra la media, l’avvelenamento, è la metodologia scelta per eccellenza dalle donne criminali, poiché il veleno è considerato un’arma silenziosa e discreta.

A differenza degli uomini serial killer, che generalmente utilizzano armi bianche o da fuoco nei confronti di sconosciuti, le donne assassine seriali uccidono tendenzialmente persone che conoscono, soprattutto familiari. Per quale motivo lo fanno? Nella maggior parte dei casi, gli elementi predominanti che inducono a tali atti, sono il denaro e il potere, a differenza degli uomini, nei quali emergono aspetti legati alla sfera sessuale. Altro elemento distintivo è la tendenza a non infierire sui cadaveri, pratica invece più volte riscontrata quando a uccidere è un uomo (il caso di Leonarda Cianciulli, che dopo aver spezzettato le proprie vittime, utilizzava i resti per fabbricarci saponette, può essere considerata un’italica eccezione che conferma la regola). Rispetto ai loro colleghi dell’altro sesso inoltre, questo tipo di assassine hanno la capacità di perpetrare per più tempo i crimini stessi prima di essere smascherate e hanno più capacità nel riuscire a evitare l’arresto.

Che cosa può spingere una donna a commettere in modo seriale cruenti reati? Disagio sociale? Follia? Disturbi di personalità? Chiedersi il perché, che cosa cioè sia all’origine di un siffatto comportamento omicida, oltre tutto seriale, il cercare in altre parole una causa che permetta di spiegarlo, è legato al ruolo rassicurante che teorie e spiegazioni svolgono nella vita di noi tutti esseri umani. Questo è spiegabile dal fatto che troppo ingenuamente pensiamo che sapere quale sia la causa di un evento, ci consenta di prevederlo, attenuandosi così in qualche modo le nostre ansie sul futuro. In realtà, l’individuo può manifestare se stesso attraverso un’ampia varietà di forme e proprio le capacità percettivo e reattive individuali fanno sì che lo stesso evento possa far scattare in un individuo quella molla che si esprimerà attraverso l’azione violenta, deumanizzata, mentre in un altro potrà diventare occasione di sofferenza umana. In altre parole, come suggeriva il redattore capo de Le Figaro, Alphonse Karr, nella vita nulla avviene né come si teme, né come si spera.

Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica