Mostro di Firenze, Al di là di ogni ragionevole dubbio

Io il delitto di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, freddati con dieci colpi di pistola, a Sagginale, frazione di Borgo San Lorenzo, me lo ricordo bene. All’epoca avevo nove anni e i mesi di agosto e di settembre li trascorrevo sempre con la mia famiglia nella casa di campagna, che distava, in linea d’aria, circa tre chilometri dal luogo dell’omicidio. Per giorni e giorni, nelle aie come nei paesi del Mugello, non si parlò d’altro che dei due giovani (diciotto anni lei, diciannove anni lui), i cui corpi esanimi furono rinvenuti all’interno di una FIAT 127 blu, ferma lungo la strada che conduce a Sagginale: l’assassino, si venne a sapere, aveva infierito su entrambi i cadaveri con numerosi colpi di arma bianca.

A partire da allora, e fino al 1985, furono quattordici le persone che vennero uccise da colui che presto venne chiamato il Mostro di Firenze, la cui macabra “firma” consisteva nell’asportazione, nella donna, del pube (e a queste vittime, secondo non pochi studiosi, occorrerebbe aggiungere anche i nomi di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, uccisi nel 1968 a Lastra a Signa). Parallelamente a questa serie di delitti, si sviluppò un’intensa – e non sempre coerente e convincente – attività investigativa, che si tradusse poi in processi e dibattimenti, non esenti da colpi di scena. Ad esempio, Pietro Pacciani, condannato nel 1994 in primo grado per sette degli otto duplici omicidi ascritti al Mostro di Firenze, venne assolto in appello.

Ora la storia di quello che resta il caso criminale più lungo e più discusso della cronaca nera del nostro Paese riceve nuova attenzione e nuova luce grazie a un libro, scritto a più mani e prefato da Roberta Bruzzone, intitolato “Mostro di Firenze. Al di là di ogni ragionevole dubbio” (Enigma Edizioni). Collocabile accanto ad alcuni testi del cosiddetto “nuovo realismo”, quali “L’erede” di Gianfranco Bettin e “L’abusivo” di Antonio Franchini – rispettivamente incentrati sulla vicenda di Pietro Maso e su quella del giornalista Giancarlo Siani –, “Mostro di Firenze” trova la sua specificità nella possibilità che offre per la prima volta al lettore di accedere a verbali, atti ufficiali, rapporti giudiziari, oltre che di confrontarsi (nella terza parte del testo) con alcune delle più recenti conclusioni cui sono pervenuti medici legali ed entomologici. Il passo che segue è tratto da una delle pagine iniziali ed è dedicato al racconto del 14 settembre 1974, il giorno in cui Stefania e Pasquale vennero uccisi.

“E’ un sabato sera come tanti altri; Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini, 18 anni, dopo una settimana di lavoro hanno deciso di passare la serata insieme. Da due anni, con alti e bassi, stanno insieme. Pasquale abita a Molin del Piano, lavora come barista al bar interno alla sede fiorentina de La Fondiaria Assicurazioni; Stefania abita a Vicchio in frazione Pesciola ed è segretaria d’azienda presso la ditta Magif, in via Stradivari, a Firenze. Pasquale ha appena accompagnato la sorella, Maria Cristina, alla discoteca Teen Club a borgo San Lorenzo, le ha promesso di tornare a prenderla entro mezzanotte; intorno alle 21:00 preleva quindi la fidanzata e con l’auto del padre, una Fiat 127 blu, si apparta con Stefania poco fuori paese, lungo la strada che conduce a Sagginale, nella zona di Rabatta. Alle ore 24:00 Maria Cristina esce dalla sala da ballo e in attesa del fratello si reca all’ingresso del Teen Club, ove rimane fin verso le ore 2:00 quando, accompagnata da un amico di Pasquale, fa ritorno a casa. Intorno alle 3:00 la madre di Stefania, preoccupata per il mancato ritorno a casa della figlia, sveglia un parente che abita lì vicino; con l’auto di quest’ultimo, si recano prima alla Casa di Cura quindi alla Misericordia di Borgo San Lorenzo. Le ricerche si rivelano infruttuose e i due tornano a Pesciola nella speranza di trovare Stefania a casa. Sono circa le 7:40 quando Pietro Landi, un contadino la cui abitazione sorge nel campo denominato “Le Fontanine di Rabatta”, al confine tra i comuni di Borgo San Lorenzo e Vicchio, nel recarsi nella vigna, scorge una Fiat 127 blu e i cadaveri di un ragazzo e una ragazza. Preso dal panico fa ritorno a casa ed incontrato un vicino gli racconta quanto ha visto; entrambi si precipitano presso l’abitazione di Aldo F. che dispone del telefono”.

 

Paolo Cochi, Michele Bruno, Francesco Cappelletti, Mostro di Firenze, Firenze, Enigma Edizioni, 2016

Paolo Cochi, Michele Bruno, Francesco Cappelletti, Mostro di Firenze, Firenze, Enigma Edizioni, 2016

 

a cura di Francesco Ricci