Ester Cavalli, Al chiaro di luna

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Tra “L’affaire Moro” di Leonardo Sciascia (1978) e “Due di Due” di Andrea De Carlo (1989) intercorre poco più di un decennio. Il primo, che è un pamphlet polemico, risulta legato a doppio filo a quelli che, con Margarethe von Trotta, siamo soliti chiamare “anni di piombo” e, in particolare, a quello che ne costituisce il momento più drammatico: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.

Il secondo, invece, è un romanzo che, prendendo le mosse dalla descrizione dell’ambiente studentesco milanese negli anni a cavallo del Sessantotto, giunge a raccontare l’amicizia che lega i due indimenticabili protagonisti, Mario e Guido, seguendone i due diversi destini. A me pare che l’opera prima di Ester Cavalli, “Al chiaro di luna”, si venga a collocare proprio all’incrocio tra questi due libri, fondendo assieme la grande e la piccola storia, l’affresco sociale e la dimensione privata dell’esistenza. Da un lato, infatti, offre una ricostruzione precisa del clima che si respirava in Italia nel biennio che rappresentò anche l’epilogo della lunga stagione del terrorismo, stagione inaugurata dalla strage di piazza Fontana, a Milano, del 12 dicembre 1968. Dall’altro, ripercorre (attraverso un ampio flashback) il nascere e il consolidarsi del legame affettivo che unisce Elena e Maria Luisa, le quali, conosciutesi ai tempi della scuola, si rivedono dopo molti anni. Il passo che segue segna proprio l’inizio del recupero memoriale da parte di Elena.

“Era la sera del 16 marzo 1978 e un’Italia scioccata e sgomenta si era spontaneamente riversata nelle piazze per gridare il proprio “no” alla barbarie che quella mattina aveva insanguinato Roma e, con essa, la Nazione intera. L’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, partito di maggioranza relativa nel Paese, era stato rapito da un commando di un’organizzazione eversiva denominata “Brigate Rosse”, e i cinque agenti della scorta, poliziotti e carabinieri che lavoravano rischiando quotidianamente la vita, massacrati senza pietà da un inferno di proiettili. Negli occhi di tutti, le tremende immagini trasmesse a ripetizione dai telegiornali: i poveri corpi riversi, pietosamente coperti dai teli, le auto crivellate di colpi, i finestrini infranti e poi quell’incredibile numero di bossoli a terra, insieme al sangue delle vittime. Su tutti gli edifici pubblici sventolavano bandiere a mezz’asta. Innumerevoli tricolori erano spuntati anche ai balconi e alle finestre delle case, non di rado insieme a tremolanti fiammelle di candele. La piazza era gremita: non l’avevo mai vista così. E quella massiccia partecipazione contribuiva a farmi sentire un po’ meno smarrita di fronte alla realtà cruda e inattesa che mi aveva profondamente scossa”

Ester Cavalli, Al chiaro di luna, Schena, Brescia, 2016

Ester Cavalli, Al chiaro di luna, Schena, Brescia, 2016

 

a cura di Francesco Ricci