Siena e la politica – La missione impossibile di Chiti e Pinciani

Al netto delle intenzioni di voler fare qualcosa per il bene della città e dei suoi abitanti – parole sincere ed inevitabili – David Chiti ed Alessandro Pinciani sanno benissimo di non avere nessuna possibilità di vincere. Credo che non possano andare oltre pochi punti percentuali ciascuno, ed anzi, con tanti candidati sindaci e tante liste in corso, già riuscire ad essere eletti consiglieri comunali sarà un obiettivo non semplice da raggiungere. Né credo che possano giocare un ruolo rilevante al ballottaggio.

Le loro candidature assumerebbero invece un grande valore qualora riuscissero – pescando in serbatoi elettorali differenti – a togliere a Bruno Valentini ed al Partito Democratico così tanti voti da tenerlo fuori proprio dal secondo turno, condannandolo ad un terzo posto che darebbe uno scossone storico alla politica senese. E, a quel punto, entrambi potrebbero assumere un ruolo non marginale nella ricostruzione di un nuovo centrosinistra.

Ce la possono fare? Secondo me, no. La vedo come una missione impossibile da compiere. E mi sembra che non se ne preoccupi molto neppure Valentini, il quale – ben consapevole di non essere in grado di conquistare nuovi elettori – sta attentamente “stringendo i bulloni” del consenso storico del partitone, come dimostrano le nomine di Carlo Rossi e Massimo Bianchi, già assessori con Maurizio Cenni oltre dieci anni fa. Nomine “polverose”, guardando solo all’indietro, ma anche persone ancora capaci di garantire centinaia di voti costruiti in decenni di Sistema Siena.

Fra l’altro la decisione di Liberi e Uguali di non presentare un proprio candidato sindaco, rende decisamente più facile far convergere su Valentini i voti della sinistra che sarà pure anti-renziana, ma che – nel segreto della cabina elettorale – si ritrova senza alternative se vuole mantenere il proprio voto “utile” nell’ambito del centro-sinistra.

Posso invece già proclamare “errore politico dell’anno” quello di Luca Vannocci e della dirigenza della Lega. Che prima fanno la bischerata di presentare un proprio candidato alternativo a Luigi De Mossi senza avere le spalle coperte all’interno del centrodestra e poi – quando a livello regionale si rimedia al loro errore e si decide di avere un candidato unico per non rinunciare ad un probabile ballottaggio – si dimettono per lesa autonomia e vagano pure sconsolati a cercare casa fra gli altri candidati. Credo che De Mossi possa stare tranquillo: i voti leghisti se li prenderà quasi tutti.

Roberto Guiggiani