Santi Pullarà, La combinazione

Santi Pullarà, La combinazione, Marcianum Press, Venezia 2016

Tutte le volte che consideriamo un criminale – come osservò Hegel – solamente ed esclusivamente un criminale, siamo lontani dalla verità. Non solo, infatti, facciamo un torto a lui, disconoscendo la molteplicità di persone, che, come accade in ogni altro essere umano, lo abitano, ma anche precludiamo a noi stessi la possibilità di accedere a una forma di comprensione più completa, dal momento che ogni definizione univoca spegne la curiosità e impone la camicia di forza alle dissonanze e alle contraddizioni che costituiscono la trama del tessuto di ogni individuo. Dinanzi agli eccidi di mafia, che hanno insanguinato e continuano a insanguinare il nostro Paese, l’opinione pubblica ha sempre tenuto due atteggiamenti di fondo: rimuovere o condannare senza appello.

Da un lato, c’è stata e c’è la tendenza a non pensare alla mafia, a smettere di pensarla, in quanto considerata ormai come parte integrante del “paesaggio” italiano, al pari di una penisola, di una catena montuosa, del trasformismo politico, della corruzione nella pubblica amministrazione. Dall’altro, c’è stata e c’è la propensione a ritenere il mafioso come l’espressione manifesta di chi ha definitivamente superato la barriera che separa l’uomo dalla bestia: in tal senso, il picciotto costituisce una sorta di regressione allo stato ferino. Stando così le cose, anzi, proprio perché le cose stanno così, non si può che salutare con soddisfazione la pubblicazione del romanzo di Santi Pullarà “La combinazione”. Non semplicemente perché è un libro scritto bene. Né perché offre uno spaccato documentato della vita siciliana nel corso di tre generazioni. E neppure perché consente di capire in profondità la mentalità propria di un clan mafioso o perché esibisce una notevole sapienza nel far coesistere, a livello letterario, la microstoria con la macrostoria, la finzione con la realtà. Il pregio maggiore del libro, a mio avviso, è un altro.

Ed è quello di ricordarci che il male, il male morale, non necessariamente deve venire considerato come il destino ineludibile dell’essere umano. Infatti, il protagonista del romanzo, Vincenzo Cortese, il male lo attraversa, col male ci convive, del male fa un’abitudine di vita. Nessuna indulgenza, sotto questo aspetto, nei suoi riguardi da parte dell’autore, nessuna giustificazione. Ma non è il male – è questo il messaggio autentico della “Combinazione” – ad avere l’ultima parola nella vita e sulla vita di Vincenzo, il quale non lascia che sia la sua esperienza di uomo d’onore a esaurire la sua esperienza di vita. In carcere, infatti, dopo essere stato tentato anche dall’idea di farla finita una volta per tutte, il protagonista del romanzo di Pullarà intravede una nuova possibilità di essere (un nuovo modo di vivere), ancora vaga, indistinta, indefinita, ma radicalmente “altra” rispetto a quella che fino ad allora gli era parsa essere la sola praticabile. Dal romanzo, impreziosito dalla prefazione di Alessandro Fo e dalla “Postilla” di Maria Rosa Tabellini, riportiamo il “Prologo”. Il libro sarà presentato a Siena, alla libreria Mondadori di via Montanini, lunedì 15 ottobre, alle ore 17.30.    

“La scuola era a ridossa del mare, vicino a quella cala sulla quale rovinava il vecchio porto. Le finestre erano spalancate ai raggi del sole di marzo. Fasci di luce, pregni di polvere volteggiante, entravano obliqui a deporsi sulle umide mura dell’istituto. Un ordine di voci pedagogiche echeggiava sulla piazza prospiciente, mescolandosi ai gridìi dei venditori ambulanti. Distratti dai primi impeti primaverili, gli studenti aspettavano lo scampanio della ricreazione per defilarsi lungo la scogliera del Foro Italico, tra le baracche del luna park desolato, o risalendo i meandri della Vucciria a ristorarsi, alla vecchia maniera, sui tavoli di una superstite bettola con polpo bollito, milza o panelle e gazzosa. “… Pirandello sfugge agli schemi, ai ritratti viziati dell’ideologia, della falsa coscienza: è un uomo ricco di contraddizioni, segrete nella vita, esplosive nella sua opera…” illustrava la professoressa a quei ragazzi smaniosi di staccare. Vincenzo si dilettava a far cruciverba, trascurando Pirandello e le occhiate fiscali della Contini. Dalla strada, strombazzate di clacson lo scossero dalle attenzioni enigmistiche. Senza dare a intendere nulla, si alzò, gettò uno sguardo dalla finestra e, rivolgendosi all’insegnante: “Esco: ho bisogno d’andare in bagno.” “Fai presto” ribatté d’autorità la professoressa. Scese di corsa le scale. Giunto nell’atrio, “Apri” intimò perentoriamente a Cecè Bonfante. Il custode portinaio sonnecchiava nella guardiola di legno. Alla disposizione del ragazzo, senza replicare, premette l’interruttore e il portone si schiuse”. 

Santi Pullarà, La combinazione, Marcianum Press, Venezia 2016

 

a cura di Francesco Ricci