Ridistribuire il reddito per uscire dalla crisi

Ridistribuire il reddito per uscire dalla crisi: alla fine lo ha detto anche Mario Draghi.
Implicitamente, come conviene ad una persona della sua sobrietà e come il ruolo impone, ma lo ha sentenziato.
La scusa, un po’ forzata e troppo tecnica, è quella in merito al dibattito circa l’esigenza di far risalire l’inflazione di fondo, troppo bassa per accompagnare in modo corretto e coerente una ripresa duratura: la realtà è che, in una ripresa economica che ha creato diversi milioni di lavoro in Europa (Germania carro trainante), c’è l’esigenza di riequilibrare, almeno in parte, la distribuzione del reddito e, conseguentemente, puntare sul fattore ‘uomo’ come elemento centrale per uno sviluppo complessivo duraturo.
Poco importa, in tal senso, che gran parte della manodopera si sia concentrata nel Far East: la riallocazione della domanda, oltre che la ripresa, non possono non prescindere da un (giusto) aumento delle retribuzioni.
E’ in buona compagnia Draghi dal momento che anche Jens Weidmann aveva poche settimane fa invocato un aumento delle paghe, facendo peraltro sponda al potentissimo sindacato IgMetall (i metalmeccanici tedeschi) che sta affilando le armi in vista dell’imminente rinnovo contrattuale (è stato chiesto un 6% di aumento ma chiuderanno, a mio avviso, con il 2,5-3%).
Per questo si era preso una bella tirata d’orecchie dalla inossidabile Merkel che non vede di buon occhio nella Germania del post elezioni, mutamenti dello status quo, compresi quelli inerenti la sua poltrona.
Ridistribuire quindi il reddito per far ripartire l’economia.
Ricetta semplice, spicciola, di sicuro impatto ma poco usata perché contraria alle lobby dei potenti.
Ci vuole coraggio ma va fatto: come a volte capita nella vita.
Ma oggi va un po’ così: anche il “compagno Weidmann” se ne è fatto una ragione. E fra poco anche l’Italia si troverà investita da quest’onda, per sua natura inarrestabile.
Fa piacere che oggi venga detto (e scritto) anche perchè io, parlando di rimedi contro la stagnazione e la crisi, lo avevo, auspicato (oltre che previsto) su queste colonne un annetto fa.
Viva, sempre, l’Italia

Luigi Borri