Rappuoli e De Mossi: la politica come non è

Ogni volta che un artista, uno scienziato, un economista, uno sportivo, perfino un giornalista si propongono per una carica pubblica, un fremito attraversa immediatamente una fetta di opinione pubblica, che non ne può veramente più di politici di professione e della loro corte di maneggioni e capobastoni. E subito c’è qualcuno che sospira: la politica come potrebbe essere e non è…
In realtà non è così semplice. Tanti casi, in passato, ci hanno dimostrato che essere eletti senza controllare davvero i propri voti, espone anche personalità di grande rilievo (Romano Prodi, il caso più famoso), a fare soltanto da schermo nobile – se non da vero e proprio “utile idiota” – ai soliti interessi. Ed ad essere mandati a casa, appena provano di fare di testa loro.
In vista delle prossime elezioni comunali a Siena (maggio 2018, a meno di un non sorprendente anticipo a febbraio per accorparle alle politiche nazionali) due sono le personalità di cui si parla: Rino Rappuoli per il centrosinistra e Luigi De Mossi per il centrodestra o per una lista civica o per un grande raggruppamento che comprenda più forze possibili.


Rappuoli è uno scienziato di fama mondiale, con tanto di pagina dedicata sulla versione in lingua inglese di Wikipedia (mica cotiche) e un elenco di scoperte e di premi ricevuti di grandissimo prestigio. De Mossi è un avvocato molto conosciuto e stimato, anzi è per tutti il Super Avvocato, secondo la definizione dell’Eretico Raffaele Ascheri, che si è affidato alla sua integrità personale ed alla sua conoscenza giuridica per farsi difendere in giudizio contro le numerose querele ricevute per i suoi attacchi al “sistema Siena”, uscendone sempre vincitore.
Due nomi che – dunque – fanno legittimamente sognare gli elettori senesi. Rappuoli perché un candidato di così alto profilo chiuderebbe in un minuto tutte le liti da pollaio già in corso dentro il Pd e fra il Pd ed i suoi alleati. De Mossi perché potrebbe riuscire nella “alchimia” impossibile di mettere insieme forze di opposizione divise da decenni di polemiche e piccole ripicche personali.
Ma, come per le medicine, non bisogna ignorare il “bugiardino” con le controindicazioni.
Anche qualora lo spirito civico di dedicarsi al governo della città prevalga e li porti ad abbandonare la loro professione ed i loro cospicui e meritati guadagni, la assoluta mancanza di conoscenza delle logiche politiche e della macchina amministrativa li costringerebbe ad affidarsi ai “soliti noti” – magari un vicesindaco ed un capo di gabinetto in veste di “sgherri” che lascino al primo cittadino solo un ruolo di rappresentanza – e a diventare presto prigionieri, invece che condottieri.
La politica come è, purtroppo.

Roberto Guiggiani