Niente mondiali, addio 60 milioni di commissari tecnici. Ora siamo (ahimé) tutti costituzionalisti

Il problema è che non ci sono i mondiali. Oddio, a onor del vero i mondiali ci sono. Ma non per noi. Ed ecco che improvvisamente 60 milioni di potenziali CT si sono trasformati in milioni di esperti costituzionalisti. Niente di nuovo. In fondo è il nostro atteggiamento tipico: sopperiamo alla mancanza di conoscenze tecniche, e alla scarsa voglia di approfondire le questioni, con becere e grossolane posizioni. Ci dovremmo essere abituati ormai. Ma ogni volta è sempre una sorpresa, ogni volta siamo in grado di mettere in piazza l’avvincente spettacolo di turno di un popolo che si straccia le vesti per qualunque tipo di presunto diritto calpestato (Abbiamo ancora negli occhi e nelle orecchie la difesa strenua di quella stessa costituzione che oggi bellamente sbeffeggiamo nei bar e nelle piazze, insieme al suo massimo rappresentante). Che poi, da un certo punto di vista, potrebbe anche essere divertente. Uno spasso vedere con quale facilità difendiamo tutto, il contrario di tutto, o a volte addirittura niente. Italia: popolo sovrano. La storia, la nostra storia, potrebbe dirci molto in proposito. Si in effetti una analisi comparata con la Storia sarebbe divertente. Ma questo non è un gioco. Purtroppo no. Il problema infatti, è che qui non si parla di 4-3-3 o 3-5-2, di Balotelli piuttosto che di Insigne. Qui sono in ballo cose serie. La credibilità del Paese. Il valore e il ruolo delle Istituzioni. Per le quali in un paese normale, con la storia che abbiamo alle spalle, e soprattutto in nome di quella storia e di quella stessa Costituzione, che abbiamo difeso come la più bella del mondo, occorrerebbe avere, come minimo, rispetto. E allora per una volta, cerchiamo di capire, fuori dallo scherzo, fuori dalle chiacchere da bar, fuori dalle facili e comode semplificazioni: un Presidente che decide, che mette la propria faccia su un esecutivo (con poca strada), che ricorda alla Politica le responsabilità sovranazionali , il rispetto di trattati internazionali, che, richiamando al bene del popolo, illustra a quello stesso stesso popolo offuscato dalla rabbia, quali siano i percorsi democratici attraverso i quali quegli accordi possano (e magari debbano) essere ridiscussi, un Presidente della Repubblica che fa questo, esprime a nostro avviso una posizione di assoluta serietà. Mettendo in capo a se’ tutto quel senso di responsabilità verso il paese, che , a quanto pare, manca nei bar, nelle piazze, e nella politica della terza Repubblica. Un Capo dello Stato che, chiudendo le porte ad anacronistici nazionalismi (in nome dei principi di quella stessa Costituzione Italiana tanto osannata e difesa ndr) boccia politiche economiche di una dirompente chiusura nei confronti dell’Europa. Perché di Europa, ci piaccia o no, vivremo o moriremo. Perché dipendiamo dall’estero per le materie prime, per l’energia e per molti beni che altrimenti sarebbero non acquistabili o non vendibili. Perché ad oggi, nonostante lo scimmiottare autonomista e proclamatorio in salsa nostrana sullo stile di grandi leader del passato non esiste in Italia nessuna figura di standing come quella di Merkel o Macron, checchè ne possano pensare i Salvini ed i Di Maio di turno. E allora, parliamo, seriamente, di cose serie. Il Presidente Mattarella ha fatto quello che era impossibile non fare. Il resto rischia di assomigliare vagamente a qualcosa di simile ad una tifoseria da stadio. Peccato che in gioco ci sia molto di più di una finale di Champions. Viva, comunque e sempre, l’Italia e il tricolore.

Luigi Borri