L’odissea all’ospedale delle Scotte di Siena per una cartella clinica

La storia che stiamo per raccontare accade nel nostro ospedale e rappresenta ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, cosa vuol dire finire nella ragnatela burocratica del rilascio delle cartelle cliniche.
E’ il 16 maggio quando la nostra lettrice presenta domanda per avere la cartella clinica del suo percorso ospedaliero. Le è stata diagnosticata una malattia non rara, ma abbastanza particolare e lei pur avendo trovato personale medico e paramedico gentile e disponibile in neurologia ha bisogno di fare altri consulti. Sente la necessità di confrontarsi con altri medici. Non è uno specialista, ma in cuor suo ha questa esigenza. E’ un suo diritto. Passano le settimane, passano i mesi, ma della sua cartella clinica neppure l’ombra. Ad un certo punto le viene il dubbio che abbia sbagliato qualcosa nella richiesta.
Ripercorre il tragitto fatto all’inizio e in ospedale le danno la certezza che ha fatto la domanda come doveva essere fatta. Eppure lei fin dall’inizio aveva detto essere una cosa urgente (tanto che era stato scritto anche nella domanda) e si era detta disposta “a pagare se ce ne fosse stato bisogno” pur di averla prima possibile. Perché ancora non gliela danno? Arriviamo alla scorsa estate. L’attesa è diventata estenuante. “Avevo già in mente di rivolgermi agli organi interni all’ospedale per quanto mi stava accadendo” ci racconta.
E’ il 6 settembre quando “squilla il mio cellulare. Riconosco subito il numero. E’ quello del policlinico delle Scotte. Una voce maschile mi dice che la mia cartella clinica è pronta. ‘Finalmente!’ esordisco io. Non me la posso prendere con quell’impiegato. E’ solo incaricato di contattare le persone. Vorrei solo sapere da chi gestisce il rilascio delle cartelle cliniche se gli è mai venuto in mente che aldilà di quei fogli fotocopiati (e nel mio caso anche in parte sbagliati) ci sono delle persone a cui è stata diagnosticata una malattia. Verosimilmente questo mio piccolo sfogo cadrà nel vuoto perché la burocrazia è più forte del diritto alla salute di un cittadino”.
Cecilia Marzotti