Lo Stato, le aziende e cittadini. Ovvero: per pagare (e per morire) c’è sempre tempo

Alcuni conti, anche se oggetto di preciso e scientifico occultamento preventivo, sono destinati a venire alla luce del sole: e leggerli non fa piacere.
Si scopre infatti che, in base al giudizio che la Corte dei Conti fa in merito parificazione sul rendiconto generale dello Stato, ci sono circa dieci milioni e mezzo di fatture, per un importo pari a 41,7 miliardi di euro, ancora in attesa di essere pagate da parte degli Enti locali, mentre la Banca d’Italia ha valorizzato in 64 miliardi di euro i debiti inevasi da tutta la macchina Statale: pare anche, con l’avvento del nuovo programma di controllo sui pagamenti Siope+ (costato una caterva di soldi agli stessi contribuenti che devono riscuotere!), che le cose miglioreranno anche perché rischiamo di essere sanzionati dalla UE: sanzione, manco a dirlo, in capo ai cittadini.
Il loop è diabolico: le aziende non riscuotono dallo Stato, l’Italia viene sanzionata e, alla fine, paga chi deve riscuotere. Becchi e bastonati.
Non è dato sapere fino in fondo (il patto di stabilità è stato abolito) se la questione dipende da mancanza di fondi o da inefficienze amministrative ma il risultato non cambia, e cioè: o lo Stato spende senza avere copertura (cosa grave) oppure dà in mano il futuro di molte aziende e cittadini che lavorano per lui ad una macchina inefficiente (cosa, forse, più grave ancora).
Ma si sa: i soldi non sono importanti perché è importante (pare) la salute e quindi, per pagare e morire, se c’è la salute c’è sempre tempo.
Con buona pace delle aziende che falliscono, fanno fallire le banche e poi chiedono i soldi allo Stato.
Viva, sempre e comunque, l’Italia. Anche se non paga.
Luigi Borri