La notte in cui crollò la torre – undicesimo capitolo

Siamo quasi al finale de La notte in cui crollò la torre, una fiction attraverso la quale si raccontano le mutazioni a cui il sociale in genere, e quello che si occupa di psichiatria in particolare, sta andando incontro in questo periodo di crisi. È naturalmente una storia inventata, almeno nei personaggi e nei fatti raccontati ma molto verosimile. È invece ambientata in luoghi conosciuti e familiari per molti di noi: la valle di Porta Giustizia. E una storia che cerca anche di mescolare le vicende di fantasia con la crisi generale di questi anni e con la crisi di Siena in particolare, raccontata in un modo metaforico e surreale.

 

Capitolo 11 – Le conseguenze della crisi

È di nuovo lunedì. Ne sono passati due dall’inizio della nostra storia e l’atmosfera in ufficio è cambiata. Ci sono molto nervosismo e sguardi bassi. Sono già arrivati tutti e inevitabilmente il discorso cade sul furto. Non è successo nulla di nuovo, nessuno ha provato a riscuotere l’assegno e ormai quasi tutti pensano che nulla cambierà. La voce di quest’avvenimento si è sparsa anche tra gli altri dipendenti e inseriti. C’è chi ride di loro dietro le spalle, è come se tutto l’ufficio avesse perso un po’ di credibilità.
Mimma ha provato di sua iniziativa a incalzare un po’ Giovanni ed è rimasta stupita dalla reazione. Infatti, l’ha guardata come offeso, poi è scoppiato a ridere in un modo beffardo, accusandola di prenderlo per il culo. Ha avuto il coraggio di chiederle sfacciatamente se l’assegno non se lo fosse intascato lei. Ne è rimasta colpita, incredibile la faccia tosta di quel bastardo – ha pensato. Ma c’è stato qualcosa in quella reazione che le ha fatto pensare che forse davvero non è stato lui. Non ha raccontato a nessuno del suo tentativo e quindi quando Giovanni è venuto ad annunciare che da domani sarà in malattia, lei ha capito meglio degli altri la reazione.
Da tempo Giovanni aveva in programma un piccolo intervento ad un tendine della spalla e, guarda caso, ha deciso di piazzarlo proprio ora. Tutti hanno pensato che la sua scelta fosse strategica per starsene un po’ via e che derivasse come una conseguenza dell’accaduto, e, anche se la valenza aggressiva di quella decisione tutti l’hanno percepita, Mimma forse ha capito di più degli altri.
Nel frattempo si è saputo del ricovero di Simone, per fortuna la degenza sembra aver preso un indirizzo di miglioramento. Paolo è stato convocato in ospedale come datore di lavoro nel tentativo di ricucire la situazione. Dopo il primo colloquio la situazione pare tornare in carreggiata, ma l’assenza di Simone sarà ancora lunga.
E adesso la mancanza di due dipendenti per un tempo lungo metterà in difficoltà i turni di lavoro e chi sarà costretto a sostituirli bofonchierà chissà quanto. L’unico che non pare aver avuto conseguenze da quella mattinata è Mamadou che lavora al suo solito modo, non si è scomposto più di tanto. È riuscito a pagare l’affitto e così ha di fronte un mese senza troppe preoccupazioni. Anche per questo tutti vedono confermate le ipotesi che lui con il furto non c’entra proprio nulla. Anche il proposito di fare un salto dai suoi giù a Dakar, cosa di cui aveva parlato con Paolo, naturalmente chiedendo soldi per il biglietto, sembra essere stato abbandonato per momenti migliori. Paolo ha preso questo cambiamento come un segno di riguardo per la cooperativa. Mamadou ha capito che le cose si sono messe bene per lui e gongola di aver fatto bella figura con poco, ribaltando, per una volta, la realtà a suo totale favore. Insomma come essere uno stronzo e apparire un santo, meglio di così!
Dopo che Giovanni è appena uscito dall’ufficio dopo aver annunciato la sua “malattia”, i discorsi che s’intrecciano tra i presenti sono di un tono irritato.
Carmen dice – sentite, questo qui è proprio un bastardo! E poi sapete che c’è? – ormai priva di remore – io quei due babbioni che vengono a farci il sermone di mercoledì non li sopporto più. Ma ci stessero un po’ loro con questa banda di matti e mezzi delinquenti, vorrei proprio vedere! Ragazzi scusate, ma mi sto scocciando, qui a volte è come pestare l’acqua nel mortaio. Mi brucia tanto non essere riusciti a capire chi ci ha fregato, o meglio a incastrarlo, perché io non ho dubbi che il ladro sia Giovanni, che adesso si fa anche la vacanza pagata.
– Dai, – Paolo – ma perché te la stai prendendo con tutti?! Con i ragazzi, con Alfredo e Fabio, forse anche con noi. Insomma che pensavi che ci dicessero bravi, anzi guarda aspettati che anche al CdA gli altri non abbiano parole buone per noi. Se non ti fai un po’ di corazza, guarda che qui non ci resisti.
Mimma è stranamente silenziosa, ma quando Paolo dopo queste battute un po’ amare si allontana, si sfoga con Carmen – Hai ragione, qui è dura, senti, non lo dire a Paolo per ora, ma io mi sto guardando in giro, mica è obbligo rimanere in questo posto di merda. Peccato, io ci ho puntato molto, credo anche di aver dato molto, ma adesso forse la misura è colma.
– Dai, aspetta – Carmen la supplica quasi – tra qualche giorno torna Maria, forse sarà meno gravoso mandare avanti la baracca, e poi dimmi, dove vai, con l’aria che tira, non è facile trovare qualcosa.

Poi il lavoro, le telefonate, le tante cose da fare prendono il sopravvento e comincia un’altra settimana.

Poco distante Giovanni è tornato a lavorare con Gemma. Il discorso ricade come da qualche giorno capita sul furto e Gemma con la sua aria mite domanda a Giovanni – ma insomma che ne pensi, chi è stato secondo te?
– Senti Gemmina cara, – dice Giovanni con tono irritato – è da ieri che te lo dico. Io non ho dubbi, qui i signori dell’ufficio si sono fatti la quattordicesima. Stanno facendo tutta questa manfrina dando a noi la colpa, ma i quattrini se li sono ingroppati loro, ne sono sicuro.
– Ma come fai a dire queste cose? – Gemma – io non ci credo e poi vorrei proprio sapere come fai a essere così sicuro.
– Non ci pensare, ma fidati le cose sono andate così! Tanto quelli là ti fregano sempre, sempre noi pizzicano, anche per pochi spiccioli e loro intanto si cuccano i soldi, ma quelli grossi, alla faccia del reinserimento e di tutte quelle belle storie.
Gemma smette di ascoltarlo e riprende il suo giro di pulizie pensando che quel ragazzo da qualche giorno pare davvero “avvelenato”, chissà che gli è successo?

Ma Giovanni ha quel chiodo fisso in testa e non può smettere di ripensare a quello che è capitato nella convulsa mattinata del furto, così di nuovo in maniera ormai ossessiva ripercorre dentro di sé quello che è successo.
Il film che scorre dentro la sua testa riparte da quando si è messo quel dannato assegno in tasca…


… una volta fuori, uscito dal traffico dell’ufficio, torna al ristorante. È come in trance, preoccupato di quello che ha fatto, forse ha combinato un guaio e non sa come rimediare. Dopo un po’ al bar arrivano Mimma e Carmen che senza accorgersi di lui parlano tra loro.
Mimma dice – ma hai visto che ha lasciato tutto lì fuori?
– Si l’ho visto – Carmen risponde – ma certo che quando ci sono di mezzo i bambini quello perde il capo.
– Ma come si fa? Con quell’assegno dell’Enel già girato, si rischia di mettere le tentazioni a qualcuno dei nostri…
Giovanni, sentendo quelle parole, avverte un brivido per la schiena, come se l’avessero già scoperto, e si vede scorrere il futuro, il suo futuro davanti agli occhi. Finirà di nuovo nei guai e si brucerà per sempre, l’ha fatta troppo grossa!
Prende una decisione d’impulso e si avvia di nuovo all’ufficio, prima piano per non dare nell’occhio, poi quando è fuori dalla vista di quelle due, comincia a correre. Ma tanto sarà chiuso – pensa sfiduciato – come cazzo faccio a rimetterlo a posto?
Così quando si trova davanti alla porta chiusa, ci picchierebbe la testa per la disperazione.
Prova a spingere e come per miracolo l’uscio, solo accostato, si apre, ma i problemi non sono finiti, dove lo lascia quel cazzo di assegno? Che idea poi – di nuovo pensa – come se non sapesse che gli assegni si “smerciano” male. Quando poi la cassaforte si apre al semplice tocco, pensa che sia proprio la sua giornata fortunata.
Butta dentro di furia quel pezzetto di carta tutto ciancicato e ripiegato, senza neppure controllare dove va a finire, fa tutto il percorso in ufficio a ritroso, cercando di non lasciare tracce di alcun tipo.
Esce e piega sulla sinistra nel vialetto erboso, i giardinieri non l’hanno visto arrivare e così, fingendo di essere arrivato lì per caso, mentre aspetta che quelle due rientrino, scambia due parole di saluto con Mamadou.
Dopo un po’ il cuore si è calmato, nessuno ha visto quello che ha fatto, per oggi tutto è filato liscio, ai debiti ci penserà in un altro momento.

Quindi, se ricorda bene, perché mai l’assegno è dato per rubato, sparito, scomparso? L’unica spiegazione che riesce a darsi è che qualcuno di loro, di quelli dell’ufficio se lo sia preso e adesso cerchi di buttare la colpa addosso ad un’altra persona. Purtroppo non può dire nulla senza scoprirsi troppo e pertanto gli tocca ingollare quando gli chiedono se lui c’entra.
Ma alle domande di Mimma non ha retto e le ha risposto per le rime, forse si è quasi scoperto. Speriamo che non si sia incazzata troppo.

 

Qualcuno, infatti, assicurava che anche il campanile del Duomo era pericolante, altri, guardando il Facciatone, sembravano convinti che ne fosse variata la simmetria e che insomma stesse su con i fili.

Altri invece minimizzavano, con un buon ponteggio – dicevano – in qualche giorno tutto sarebbe tornato a posto. La maggioranza dei senesi, ormai sveglia in quell’alba livida e drammatica, si chiedeva cosa era davvero successo, non era stato registrato alcun terremoto, possibile che tutto fosse crollato per una nottata di vento?

Che paresse impossibile o no, era quella la realtà.

 

Andrea Friscelli

ANDREA FRISCELLI È NATO A SIENA, DOVE HA STUDIATO AL LICEO PICCOLOMINI E SI È POI LAUREATO IN MEDICINA NEL 1974. SPECIALIZZATO IN PSICHIATRIA, HA LAVORATO NEL SERVIZIO PUBBLICO FINO AL 2001, QUANDO SI È DIMESSO PER SEGUIRE A TEMPO PIENO LE VICENDE DELLA COOPERATIVA LA PROPOSTA CHE HA CONTRIBUITO, INSIEME AD ALTRI, A CREARE. HA PUBBLICATO PRESSO L’EDIZIONI IL LECCIO “DI STOFFA BUONA” (NOVEMBRE 2011) E “NELLA CRUNA DI UN AGO” (DICEMBRE 2012).PRESSO BETTI EDITRICE INVECE HA PUBBLICATO “L’ORTO DE’ PECCI E LE SUE STORIE” (SETTEMBRE 2014) E “LO SPLENDORE NELL’ERBA, LA GLORIA NEL FIORE” (DICEMBRE 2015)