Il grande inganno della Deutsche Bank

Deutsche Bank rappresenta il grande inganno, l’ennesima beffa per l’economia reale, la vittoria di chi mette i numeri in fila per farsi piacere, oltre che per “truffare” il prossimo contro chi lavora e produce

luigigassa
Un grande inganno, l’ennesima beffa per l’economia reale, la vittoria di chi mette i numeri in fila per farsi piacere, oltre che per “truffare” il prossimo contro chi lavora e produce.
In casa tedesca, fra una birra ed una forchettata di crauti , si è pensato cioè che tutta l’Europa dovesse essere controllata, che si dovesse entrare nel rigore più assoluto, che si dovessero usare dei parametri stringenti ma che questo non dovesse essere applicato all’economia padrona ed al suo braccio armato, la banca per antonomasia, Deutsche Bank.
Ma di cosa si tratta in pratica? C’è arrivato il blog Zero Hedge, di tendenza a Wall Street, in un post di giugno 2015 e poi, ad ottobre dello stesso anno, anche Seekingalpha, un sito americano specializzato in investimenti molto popolare tra gli addetti ai lavori.
Entrambi partono da un dato: la montagna di scommesse in derivati su cui siede il colosso di Francoforte (i dati sono però quelli di fine 2014) pari a 52mila miliardi di euro, un livello più alto del 66% rispetto a quello di Lehman ai tempi del crac e pari a circa 20 volte il Pil della Germania, stimato attorno a 2.700 miliardi di euro (9.600 miliardi di euro quello dell’Eurozona), con perdite potenziali da capogiro che fanno intuire l’importanza sistemica della banca tedesca.
È, infatti, la più esposta al mondo al business dei derivati. Ma davvero il mondo dopo nove anni rischia di rivedere nelle prossime settimane un film già visto?
Il rischio è altissimo e, a mio avviso, più reale di quello che si pensi: ed il paradosso è che esso è stato ingenerato da chi si voleva affrancare dallo stesso, inserendo un sistema di controlli che doveva valere per tutti, ma non per il regolatore. Con buona pace (ed occhi chiusi) della Vigilanza Bce.
“Noi facciamo il nostro comodo, accumuliamo ricchezze, blocchiamo le altre economie, mettiamo regole solo per gli altri – hanno detto i soloni teutonici – e poi vediamo cosa viene fuori. Qui ne usciamo vincitori senza problemi…”.
Sbagliato. Il mercato, come il migliore dei gentiluomini che si presenta in punta di piedi sul tardi, ha presentato il conto, conto che (speriamo) non verrà pagato dai soliti noti.
Perché in finanza (quella di Deutsche Bank) la regola inserita era bizzarra: chi guadagna guadagna e chi perde “segna”, nell’attesa che uno Stato (senza dire nulla) o i risparmiatori, diligentemente in fila, paghino per le stupidaggini e la malafede altrui.

Adesso però il pentolone è scoperto e le paure per un potenziale crac della Deutsche dinanzi agli occhi di tutti. Si è passati dall’euforia tedesca al bagno di sangue, dallo sviluppo alla recessione, dai sorrisi ai musi lunghi.
Ma le responsabilità sono tante e molto forti: perché la solerte BCE è stata silente? Perché si è lasciato passare tutto? Colpisce, della BCE la leggera e clientelare politica della trippa (che si allunga e si accorcia a seconda di come la tiri) in relazione per esempio al metodo usato nei confronti di MPS e verso Deutsche Bank.

Il Monte dei Paschi di Siena, che se si è ridotto come s’è ridotto, ha indubbie e forti responsabilità, una immensa congerie di crediti deteriorati, personale in eccesso e una ingerenza politica portata al sublime, politica di cui adesso tenta di fare ammenda, ma,con le sue “…continue e del tutto opinabili richieste di aumenti di capitale, la Vigilanza della Bce ha letteralmente  massacrato la banca senese e, anziché favorirne la messa in sicurezza, ha fatto di tutto e più di tutto per affossarla e complicarne la rinascita”

Tutto il contrario è stato l’atteggiamento indulgente che la Vigilanza Bce ha riservato alla Deutsche Bank, davanti alla quale ha ripetutamente chiuso gli occhi.
Deutschland deutschland über Alles… E così sia, se vi pare.

Luigi Borri