I millennials e il loro linguaggio, grande successo del libro di Ricci: “I ragazzi? Vanno cresciuti facendoli inciampare”

Dopo tre ristampe, esce sempre per i tipi Primamedia editore la nuova edizione riveduta e ampliata de “La bella giovinezza”, il libro del professor Francesco Ricci che racconta gli adolescenti del terzo millennio, attraverso cinquanta parole chiave. La nuova edizione – frutto del blog che il professor Ricci tiene ogni settimana su toscanalibri.it – completa così con la selezione delle parole che aiutano a descrivere gli adolescenti di oggi, definiti Millennials, per spiegare chi sono, cosa pensano, cosa sognano. Cinquanta parole e altrettanti brevi saggi, frammenti di un universo, quello giovanile, che in questo inizio di terzo Millennio pare avere mutato in profondità, rispetto al passato, stili di vita, comportamenti, idee, percezioni, aspettative, dipendenze, interessi, al punto che non pochi sono tra gli psicologi e i sociologi coloro che parlano di un vero e proprio strappo generazionale, di un’autentica mutazione antropologica.

Francesco Ricci, a meno di un anno di distanza dalla prima, esce la seconda edizione di “La bella giovinezza. Sillabari per millennials”…
“Sì, la prima edizione è andata rapidamente esaurita e così, d’accordo con l’editore (Primamedia), ho deciso di approntarne una seconda”.
Una seconda edizione ampliata…
“Esatto. Le voci, sempre distribuite in ordine alfabetico (da “alcol” a “volontariato”), da 32 sono passate a 50. In occasione delle presentazioni del libro e di incontri sul tema dell’adolescenza ho raccolto alcune sollecitazioni che sono venute dal pubblico. E così, prima sul mio blog #iragazziterribili e poi in volume, ho aggiunto saggi dedicati al bullismo, alla disabilità, all’emozione, all’esperienza, alla fiducia, alla libertà, al limite, alla morte, alla scrittura, al suicidio, e ad altri argomenti ancora”
Come spieghi tutto questo interesse per il tuo libro?
“Con gli adolescenti abbiamo a che fare un po’ tutti. Il mutamento intervento nel loro modo di sentire, di pensare, di vivere, è stato talmente repentino – con una brusca accelerazione nel corso degli ultimi 15 anni – che alla fine ci siamo trovati tutti un po’ impreparati, come insegnanti, educatori, genitori, nonni. Forse “La bella giovinezza” ha colto alcune direttrici di questo cambiamento epocale e ha offerto anche qualche piccolo consiglio utile per vivere meglio il rapporto con giovani la cui “testa” è diversa rispetto a quella dei loro coetanei di 25-30 anni fa”.
Leggendo il libro, a colpire sono i dati che certificano in maniera incontestabile il profondo malessere dei nostri adolescenti: consumo di alcol in crescita, depressione, bullismo e cyberbullismo, disturbi dell’alimentazione, incremento dei suicidi. Quale è, secondo te, la causa principale?
“Continuo a credere che la ragione principale di questo disagio sia eminentemente culturale. Il futuro da promessa si è convertito in minaccia (il filosofo argentino Miguel Benasayag lo aveva colto benissimo già a inizio terzo millennio), i ragazzi lo temono e lo temono perché non lo vedono più, non riescono più a vederlo. E questo non vederlo determina in loro un fortissimo senso di abulia, rassegnazione, apatia, ansia, angoscia. La droga, l’alcol, la depressione, il mettere a rischio la propria vita per un selfie, alla fine sono semplicemente strumenti per dimenticare la pena e l’insignificanza dell’esistenza. A ciò occorre aggiungere che si è spento in loro il desiderio. A ucciderlo siamo stati noi adulti. Infatti, si desidera ciò che ci manca e finché ci manca abitiamo (e gustiamo) l’attesa e la speranza. Oggi, però, fin dalla più tenera età, i ragazzi hanno subito quello che chiedono. Come accade con una app, il tempo che separa la domanda dalla risposta è praticamente pari a zero. E così si uccide il desiderio, ma senza desiderio l’esistenza si riduce a un raggelante e vuoto presente”.
Da dove occorre ripartire?
“Dal parlare con loro, dal guardarli negli occhi, dall’ascoltarli, dall’abituarli all’idea che non tutto è possibile, mai, che si cresce con la sconfitta e con l’inciampo, che soltanto incontrando un ostacolo, un limite, si cresce e ci si forma”.

Katiuscia Vaselli