“Aiutiamo i malati a riprendersi la vita”: l’amore del gruppo Riabilita

Continua il nostro viaggio nel terzo settore della città. Oggi parliamo di riabilitazione psicosociale con l’associazione Riabilita. Per superare la paura di essere malati e soli.

“I malati psichiatrici, non devono far paura. Spesso sono considerati come gli ultimi. Invece hanno solo bisogno di affetto, di sentirsi parte di un gruppo.  Come il nostro”. Nelle parole di Anita Pescatori, vice presidente dell’associazione Riabilita onlus, c’è la forza degli operatori e dei volontari che riescono a dare una speranza a chi spesso viene messo ai margini ella società. Soggetti fragili, ma “consapevoli di avere un problema e pronti a superarlo con tutti i mezzi possibili”, come Anita ci racconta. È la difficile situazione dei malati mentali, con famiglie che spesso sole e in silenzio con il peso della malattia, con il dramma di persone “bollate” dall’immaginario collettivo come ‘pericolose’. La vice presidente ci racconta i miracoli del centro Bellemme. Dove i ragazzi cambiano forma e ritrovano la forza di andare avanti.

Chi siete e come è nata la vostra associazione?

“Riabilita è un’associazione di volontariato che si occupa di salute mentale. Si è costituita nel settembre del 2006 raccogliendo l’esperienza dell’Associazione Bellemme, nata nel 1988 dalla collaborazione tra la Caritas e la Clinica Psichiatrica Universitaria. Gestiamo un centro di Socializzazione, il centro Bellemme. La sua sede attualmente si trova nel quartiere di Ravacciano, all’interno della Parrocchia di San Francesco dell’Alberino. A quasi vent’anni dalla sua nascita, l’evoluzione culturale e di esperienza e l’emergere di nuove prospettive nella riabilitazione psichiatrica, hanno determinato la scelta, nel 2006, di distaccarsi dalla Caritas Diocesana e, ancora con il sostegno della Psichiatria Universitaria, costituire un organismo autonomo, in grado con il tempo di elaborare un nuovo modello di riabilitazione psicosociale”.

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Quali soggetti fanno parte del vostro gruppo?

I ragazzi sono tra i 21 e i 65 anni. Attualmente sono inseriti all’interno del Centro 23 utenti. Di questi, dal periodo del loro inserimento, soltanto 2 hanno avuto una ricaduta ed effettuato un ricovero in psichiatria. Altri 2 al termine de loro percorso hanno deciso di rimanere a dare un sostegno all’Associazione come volontari. 8 di loro hanno intrapreso un percorso lavorativo. 2 hanno raggiunto la stabilità lavorativa con un contratto a tempo indeterminato, uno presso una cooperativa sociale, l’altro presso un’azienda. Siamo un gruppo omogeneo, ben assortito, con tantissimi volontari, alcuni molto giovani, che ci danno una mano. C’è una grande consapevolezza che i ragazzi hanno, della fragilità e della malattia, dai problemi di salute mentale, alla schizofrenia, ai disturbi ossessivo compulsivi.  C’è un’atmosfera bellissima, ci sentiamo parte di una grande famiglia dove tutti sono i benvenuti.

Quindi il gruppo e i vostri volontari sono la forza di Riabilita?

Esattamente. Siamo un gruppo di unione e di forza, con tanta voglia di stare insieme. Anche quando non siamo tutti al top, il nostro “motto” è: se oggi io non sono in forma ci sei tu. Questo è molto sentito, il sostegno di un gruppo molto consolidato, che riesce a proteggerti, ad aiutarti, là dove la malattia cerca di distruggere. Il volontariato, poi, è il nostro valore aggiunto. Quello che più ci contraddistingue è la forza dei nostri volontari, la più grande motivazione al “fare”. Sappiamo che la salute mentale è faccenda complessa e non può essere affrontata solo sotto il profilo sanitario-assistenziale, ma ha bisogno di risposte e di servizi interdisciplinari. È necessaria la programmazione di progetti terapeutici e di ri-socializzazione, con incremento di interventi che coinvolgano le reti familiari e sociali dei pazienti.  Da parte dei soggetti c’è molta consapevolezza e tanta dignità. Consapevolezza di sapere di avere un problema, una difficoltà, per questo hanno una grande sensibilità. Non c’è rabbia o presunzione, ma solo la forza di dire “io sono questo e tengo duro”.

Ci fa l’idea di un’oasi di pace dove superare le difficoltà diventa più semplice…

È proprio quello che vogliamo. Ma, ovviamente, non è tutto rosa e fiori. Come quando ci sono i ricoveri o il momento di prendere le medicine. Ma è l’unione che aiuta a superare anche questi momenti, è  il gruppo. E il nostro fa la differenza. Noi lavoriamo per diminuire i ricoveri in ospedale, ma se capita che un ragazzo viene ricoverato tutti si mobilitano per stargli vicino. Il problema della malattia è la paura, quello del nascondersi e dell’emarginazione.

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Qual è stata la risposta della città alla vostra associazione?

Molto positiva, ultimamente stiamo trovando collaborazione anche con le contrade. Uno dei nostri partner importanti è il CESVOT. Il suo sostegno ci dà la possibilità di poter svolgere corsi di formazione e incontri aperti al pubblico su tematiche inerenti alla salute mentale. È il partner ufficiale per esprimere la nostra progettualità contro lo stigma. La collaborazione fra L’Associazione Riabilita e la Psichiatria Universitaria dell’Ospedale di Siena, invece, viene portata avanti da oltre vent’anni. Partecipiamo attivamente da anni al Coordinamento dei Centri Diurni della Regione Toscana, costituito da una rete di psichiatri ed operatori della Salute Mentale che si confrontano con l’intenzione di progettare spazi e pratiche di riabilitazione psicosociale più efficaci. Al livello locale, stiamo lavorando continuamente per la creazione di una rete di collaborazione con le Associazioni che si occupano di invalidità in modo da poter progettare azioni comuni e condivise per la tutela e il riconoscimento dei diritti di chi soffre di disagio psichico. Oltre a far parte del Coordinamento Toscano delle Associazioni per la Salute Mentale al livello Regionale, è attiva nella Consulta del Handicap del Comune di Siena, ed ha fatto parte del Comitato di Partecipazione della nascente Società della Salute e partecipa al PIS (piano integrato di salute). Offriamo anche sostegno alla formazione di un gruppo di AMA (Auto Mutuo Aiuto) a cui partecipano i genitori e i familiari degli utenti del Centro. Le riunioni si svolgono ormai da anni presso l’Associazione, grazie all’impegno costante di alcuni familiari che, grazie alla propria esperienza, hanno assunto il ruolo di facilitatori. Il Banco Alimentare della Toscana ci sostiene con generose donazioni di prodotti alimentari. Il momento centrale di ogni giornata al Centro Bellemme è il pranzo, preparato da piccoli gruppi di utenti e consumato tutti insieme: è il simbolo della collaborazione e la socializzazione fra tutti in un ambiente accogliente e familiare. I prodotti che provengono dal Banco Alimentare sono fondamentali, perché senza questo contributo non sarebbe possibile per l’Associazione provvedere quotidianamente al pranzo di tutti gli utenti.

Come portate avanti il vostro lavoro?

Nel centro di socializzazione Bellemme, con apertura dal lunedì al venerdì, svolgiamo attività tutti i giorni. Le attività svolte durante la settimana sono quelle inerenti la riabilitazione psico-sociale di soggetti con disagio psichiatrico. Tali attività sono incentrate nell’ottica di una implementazione sempre maggiore delle autonomie e delle potenzialità presenti in ogni soggetto.  Ogni attività viene portata avanti da professionisti e volontari con cadenza settimanale. La settimana inizia con Autonomia in Casa, una giornata dedicata alla cura degli spazi: attraverso attività di pulizia i ragazzi imparano a prendersi cura dei propri spazi. Si occupano inoltre della gestione della spesa settimanale, prestando attenzione ad un budget.  L’attività di Scuola di cucina ha raggiunto un buon livello di adesione e un ottimo livello qualitativo nell’uso di prodotti semplici e genuini. Tutto questo grazie alla bravura di alcuni soggetti del centro che mettono le loro doti culinarie al servizio di tutti, insegnando le basi di cucina anche agli altri. Poi c’è l’attività di Movimento integrato secondo il metodo Feldenkrais, portato avanti da un esperto del settore, che si focalizza sulla consapevolezza di sé tramite esercizi rilassanti e ha permesso un ulteriore integrazione con altri soggetti che, frequentando tale laboratorio, sono poi entrati a far parte del Centro Bellemme. Una volta alla settimana viene condotto un Gruppo terapeutico da una psicologa, dove l’adesione dei soggetti presenti al Centro raggiunge il 99%. Il gruppo permette di affrontare e condividere le problematiche inerenti il disagio cercando di raggiungere una sorta di coping individuale in grado di rafforzare le risorse di ognuno. Ogni quindici giorni inoltre il gruppo Bellemme si reca a Poggibonsi per fare Arte terapia presso lo studio di una professionista medico/volontaria. La partecipazione attiva è segno evidente di un lavoro riabilitativo molto appropriato che agisce sulle emozioni tramite l’uso dei colori secondo la teoria steinariana. Inoltre abbiamo l’attività di visione e discussione di un film, guidato da uno psicologo volontario, che permette ai partecipanti di confrontarsi su tematiche di grande carico emozionale. Ogni settimana, lo staff (operatori e psicologi) del Centro Bellemme si ritrova per una importante Riunione di supervisione insieme al Prof. Giovanni Bonelli, in modo da confrontarsi, fare il punto della situazione, portare riflessioni, dubbi, modalità di lavoro e nuove strategie.

Quali sono state le attività e gli incontri di quest’anno?

Un bel progetto è stato quello de “I Giardini del Cuore”, che si è svolto in tre giornate, due all’interno di alcuni spazi verdi della città e una giornata nei locali della Parrocchia di San Francesco all’Alberino. Gli utenti, gli operatori e i volontari dell’Associazione Riabilita si sono resi disponibili con il loro senso civico nella pulizia di queste due aree verdi nel cuore della città di Siena. I ragazzi di Riabilita hanno scelto La Lizza/La Fortezza e i giardini del Quartiere di Ravacciano come le due aree verdi per unirsi alla propria città. Con la pulizia di queste aree, i ragazzi si sono messi a disposizione per raccogliere i rifiuti lasciati da altri, con l’intento simbolico di dimostrare che ognuno, nel proprio piccolo, può collaborare per aiutare a risolvere i problemi comuni a tutti noi. Da sempre siamo molto impegnati nei mercatini di beneficenza. Sono un piccolo sostegno all’autofinanziamento, ma rappresentano anche una grande risorsa da un punto di vista della socializzazione.  L’organizzazione di tali mercatini è infatti responsabilità dei volontari e degli utenti, rendendo quest’ultimi consapevoli delle proprie responsabilità di gestione e rendendoli più aperti e duttili nelle relazioni con le persone che si fermano al nostro mercatino per fare o meno qualche donazione. Poi c’è stato il Pronto Spesa Riabilita, con cui offriamo un servizio di pronto spesa a tutto il quartiere di Ravacciano. Le persone che hanno bisogno di un sostegno nel fare la spesa e nel disbrigo di piccole commissioni possono contare su un aiuto da parte dei nostri volontari. Dal 2013 abbiamo maturato l’esperienza delle vacanze-trekking. Con queste occasioni di incontro con l’altro si possano aprire nuovi canali di comunicazione tra le persone, soprattutto fra chi vive un disagio, riscoprendo una capacità relazionale che è la vera ricchezza e il primo motore nella vita di ognuno. La nostra volontà è stata quindi quella di condividere queste esperienze con altre soggetti con disagio mentale di tutta la Toscana, prendendo in gestione, insieme all’Associazione Astolfo, “Casa al Giogo”, una grande casa della forestale, dove poter ospitare i gruppi per il trekking. Dallo sport all’arte, non ci manca nulla. Durante tutto l’anno, a cadenza mensile, Riabilita offre la visione di un film a favore di tutto il quartiere. Il film viene accuratamente studiato nell’ottica di un lavoro che porti con sé la conoscenza di problematiche legate alla salute mentale, e con essa la lotta alla stigmatizzazione di tale disagio.

Un percorso molto ricco e che punta dritto all’obiettivo…

La nostra è una missione, con obiettivi ben precisi. Riabilita crede nell’importanza di stare insieme per crescere in un percorso di vita affinché ognuno possa trovare il proprio spazio di esistenza. Ecco che allora il far parte di un’associazione di volontariato acquista una connotazione positiva come senso di appartenenza e quindi di esistenza. Automaticamente tutte le attività di riabilitazione acquistano un senso che ci conduce al di là di una semplice visione di un film o di una composizione artistica su un foglio. Significa costruire/ri-costruire insieme parti scisse di noi per poter esistere nuovamente come persone e come soggetti in relazione con noi stessi e con gli altri. Inoltre, un grande obiettivo della nostra associazione è la lotta allo stigma e la promozione della salute a tutela dei soggetti con disagio psichico.

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Potrebbe essere un modello esportabile, il vostro?

Sicuramente, se decidiamo di operare in modo più aperto, pronti al confronto in termini dialettici dove conta più la persona della forma. E dove conta davvero sentirsi “insieme”, poiché siamo convinti che unire le nostre potenzialità possa essere una soluzione alla solitudine che soprattutto nel campo della salute mentale dilaga. Nonostante questo importante livello di radicamento e di sviluppo, questa opera non è mai riuscita a superare lo scoglio della sostenibilità economica che tale organizzazione richiede: la nascita di Riabilita ha permesso infatti di arrivare fino ad oggi ad una grande esperienza, non riuscendo però ad affermare un’identità chiara di questo Centro per i problemi legati al mancato riconoscimento delle competenze istituzionali che si perdono tra la sfera sociale e quella sanitaria, dall’impossibilità di veder riconosciuto ed accreditato questo lavoro da parte degli enti socio-sanitari della zona per evidenti problemi di ristrettezza di risorse, ecc. Crediamo però che certe difficoltà di affermazione del centro siano imputabili anche a un problema culturale, di stigma della malattia mentale, della negata identità di un gruppo di persone che vuole affermare percorsi intentati, provocatori, faticosi per una città che teme i cambiamenti sociali.

Intende la paura del malato mentale, ancora permanente in una società moderna e così avanzata come la nostra?

Purtroppo si. I malati psichiatrici, però, non devono far paura. Spesso vengono messi all’ultimo posto, sono dei veri e propri emarginati. Invece hanno solo bisogno di affetto, di sentirsi parte di un gruppo. Noi facciamo questo. A volte i loro occhi dicono più di mille parole, sono consapevoli di avere un problema e vogliono solo affrontarlo per uscirne. Il nostro medico di riferimento è il professor Bonelli, con cui ci confrontiamo per capire l’andamento dei nostri soggetti. Abbiamo polo di professionisti collabora con noi, senza sosta. C’è solo bisogno di più informazione e di buttarsi alle spalle i pregiudizi.

Perché il bisogno di un’associazione di salute mentale?

Perché oggi, quando si parla di cura della persona con disagio mentale, non si può pensare che il tutto si esaurisca all’interno dei servizi di salute mentale e nelle strutture intermedie. C’è bisogno di una Rete informale di servizi che garantisca una riabilitazione fatta non solo di interventi farmacologici, ma anche e soprattutto, di relazione e di integrazione a livello territoriale. C’è bisogno di continuità territoriale tra le strutture sanitarie ed il Terzo Settore, il quale con le Associazioni di Volontariato e le Cooperative Sociali di inserimento lavorativo, sia in grado di rispondere ai bisogni di inclusione sociale delle persone con disturbo mentale.

Michela Piccini