A Vicchio la sfida del Mostro è sulla comunicazione. Che a lui piace

Il duplice omicidio di Vicchio segna un’escalation di violenza nell’iter di terrore perpetrato dal Mostro di Firenze.
L’asportazione del pube a Pia Rontini è fatta in maniera ancora più bestiale, crudele: dalla prima volta che ha praticato le escissioni, le incisioni si sono fatte più profonde e meno precise.
Inoltre, il Mostro recide alla vittima anche il seno sinistro, macabro rituale che ripete anche nell’ultimo duplice omicidio ai danni della coppia francese.

 

La scena del crimine, rispetto alle precedenti, risulta più confusa. Il Mostro non ha eseguito un lavoro pulito come nelle scorse aggressioni, tant’è che si rinvengono tracce sul luogo del delitto, in particolar modo due impronte nella parte alta dello sportello della macchina, e un’impronta digitale sul finestrino.
Che il modus operandi di un serial killer subisca un’evoluzione è pacifico; i fattori che influiscono sulla trasformazione del comportamento omicidiario sono disparati, spesso intrinsechi alla personalità dell’assassino.

Certo la rabbia con la quale ha colpito i due ragazzi a Vicchio può essere causa delle tracce lasciate sulla scena; allo stesso modo però, questa poca preoccupazione e accortezza nel non lasciare segni di sé sul luogo dell’omicidio, tradiscono ancora una volta l’egocentrismo e la sicurezza che il Mostro di Firenze fa trapelare in ogni delitto.
Anche in questo caso si evince come il concetto della sfida, alle forze dell’ordine e anche ai mezzi di comunicazione di massa (come vedremo in seguito), caratterizza l’operato del killer: questa particolarità, unita al fatto che potrebbe essere anche a conoscenza degli scarsi mezzi scientifici in dotazione alle forze dell’ordine, spinge il Mostro ad osare sempre di più, rendendolo schiavo dei suoi istinti e della rabbia incontrollata.
Ogni volta che ha potuto, l’assassino ha sviluppato una relazione con la figura femminile improntata alla violenza, una violenza crescente, che va dalle numerosissime coltellate del delitto del 1974, fino all’omicidio di Vicchio prima, e a quello degli Scopeti poi.

La mente del Mostro si dimostra sempre molto fina e ingegnosa sotto certi punti di vista; la telefonata anonima fatta da un tale “fornaio Farini” mette in relazione degli elementi distinti eppure tutti connessi alle indagini: il fornaio Mucciarini, in carcere al momento degli omicidi, e Farini protagonista di un fumetto che si rifà alle gesta del Mostro.
Quindi si evince anche una conoscenza delle indagini stesse e del panorama mediatico che si sta sviluppando attorno alla figura di questo atipico serial killer; tutti questi riferimenti impliciti alle indagini, sono un modo originale e efficace di dialogare con gli inquirenti.

Non parlerei, però, di suggestione: come abbiamo già detto, le fantasie di un killer si rifanno molto alla storia personale e alle caratteristiche psicologiche del soggetto stesso.
Ritengo più probabile che il Mostro si sia sentito omaggiato dalle storie che nascono grazie alle sue gesta; dimostra di conoscerle, apprezzarle, di voler comunicare.

Replicare azioni che gli vengono accostate dalla fantasia di autori di fumetti, piuttosto che di pellicole cinematografiche, serve a stabilire un dialogo e un contatto, ed è un ringraziamento per la notorietà che il Mostro riceve.
Queste tematiche torneranno ancora più forti nel 1985, nell’ultimo omicidio della serie del Mostro di Firenze, chiave di volta fondamentale, anche da un punto di vista processuale, per poter inquadrare in maniera ancora più chiara la spavalderia e l’egocentrismo del killer.

Giulia Morandini
Criminologa
Università La Sapienza Roma