Unione bancaria europea: a che punto siamo?

A proposito di NPL: spunta l’appendice alle linee guida della BCE

Ma questa autentica Unione bancaria che ancora sembra lontana, nonostante sia al centro, a mio avviso, del dibattito sull’UE, arriverà a completamento oppure no?

Scommetto che sul tema sono proprio le due posizioni in contrapposizione, sì o no, che si alterneranno, con motivazioni a supporto tanto diverse, da tracciare una linea di confine, perché, appunto, anche se non ce ne siamo accorti, siamo agli sgoccioli.

Ciò che è già accaduto riguarda la vigilanza diretta della BCE, di standard elevato, su alcune banche, considerate significative, il cosiddetto primo pilastro. Non tutte le banche, quindi, ma un numero variabile nel tempo, definito in base al regolamento MVU e a quello quadro MVU (Meccanismo Unico di Vigilanza), che prende in esame dimensione, rilevanza economica, attività transfrontaliera e necessità di un sostegno pubblico diretto. Ricordiamo tutti le prove di stress per la rilevazione di carenze di capitale delle banche europee, ancora in atto fino ad ottobre, anche per il 2018.

Accanto al Meccanismo Unico di Vigilanza, opera a pieno titolo, da gennaio 2016 il secondo pilastro, l’MRU (Meccanismo di Risoluzione Unico), attraverso Il Comitato di risoluzione unico (agenzia indipendente dell’UE) che ha pubblicato l’elenco delle banche oggetto di mandato. Al centro dell’attività di tale Comitato c’è il Fondo di risoluzione unico, con l’obiettivo di raggiungere circa 55 miliardi di euro, attraverso i versamenti delle banche nell’arco di 8 anni. Ai dati di fine giugno 2017, si contano circa 17,4 miliardi di euro già raccolti. Il Fondo di risoluzione unico interviene, in fase di liquidazione delle banche,  quando non sono sufficienti gli apporti degli azionisti né il contributo dei creditori.

Altri tasselli completati nel 2014 sono l’applicazione della direttiva sul risanamento e la risoluzione degli enti creditizi (BRRD Bail-in) e l’inasprimento dei requisiti patrimoniali minimi di capitale. La Commissione Europea, poi, è ancora al lavoro per dettagliare le misure di livello 2, ovvero norme integrative a quanto già esistente.

Ultimo tassello per completare l’Unione bancaria, oltre alla vigilanza bancaria unica e alla risoluzione delle banche, è il terzo pilastro, l’EDIS, ovvero il Sistema europeo di assicurazione dei depositi, meccanismo di garanzia per ridurre il rischio bancario sistemico, a beneficio di tutte le banche europee (per quanto le banche più rischiose dovranno versare contributi più elevati rispetto alle banche più sicure). La questione è spinosa, benché si ponga il fine di fare in modo che tutti i depositi bancari, a livello europeo, abbiano il medesimo sistema di sicurezza, indipendentemente dal Paese membro. E’ spinosa poiché presuppone la condivisione dei rischi bancari nazionali, dopo aver spezzato il legame tra banche ed emittenti sovrani. E sembra che sul fronte tedesco condividere i rischi bancari, senza poter controllare le politiche economiche dei Paesi non piaccia affatto, tanto da poter accettare al massimo un Fondo Monetario Europeo, che abbia il compito di finanziare chi ne ha bisogno e non di assicurare in solido i depositi (in modo che i Paesi siano incentivati a fare tutto il possibile per ridurre i rischi a livello nazionale, non scaricando le perdite sul bilancio europeo). Il punto è che la geografia economica dei Paesi dell’UE è profondamente diversa, come quella del sistema bancario e non sono certo buona parte delle banche tedesche sotto il Meccanismo di Vigilanza unico.

Quindi, i più scommettono che il completamento dell’Unione Bancaria, così come era stata pensata in origine, con l’operatività dell’EDIS e il Ministro delle Finanze Europeo, non ci sarà.

Ma senza questo terzo pilastro, mi chiedo, che Unione bancaria è?

Maria Luisa Visione