Sant’Antonio Abate, in Piazza San Pietro anche la Coldiretti porta gli animali da lavoro

In Piazza San Pietro a Roma una vera e propria Arca di Noe’ per la ricorrenza di Sant’Antonio Abate patrono degli animali con mucche, asini, pecore, maiali, capre, cavalli, galline e conigli delle razze più rare e curiose salvate dal rischio di estinzione dagli allevatori italiani per iniziativa dell’Associazione italiana Allevatori (AIA) e della Coldiretti.

Un patrimonio composto da veri e propri tesori della natura in gran parte toscani come l’Asino Amiatino, originario della provincia di Grosseto, dove è conosciuto con l’appellativo di “Miccio”; che per le sue caratteristiche è molto adatto ad essere utilizzato in zone impervie e marginali, o come la Chianina, la più “maestosa” tra le razze bovine italiane. Ma anche il cavallo maremmano dalla storia antichissima, presente nel litorale tirrenico della bassa Toscana già dal tempo degli Etruschi, tipico dei butteri. A fianco del presidente della Coldiretti Ettore Prandini e del fiorentino Roberto Nocentini Presidente dell’Associazione Italiana Allevatori (AIA) una delegazione in rappresentanza di tutta la Toscana.

“Questa celebrazione, soprattutto in un momento difficile come questo – sottolinea il presidente dell’Aia e Presidente di Coldiretti Firenze-Prato Roberto Nocentini – è una rappresentazione devozionale nei confronti del Santo Patrono, che significa anche la conferma della nostra testimonianza a favore dell’ambiente e del territorio. In effetti gli animali custoditi negli allevamenti italiani – continua – rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto anche perché a rischio non c’è solo la biodiversità delle preziose razze italiane, ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali”.

La biodiversità toscana conta un carnet significativo di razze iscritte al Repertorio Regionale come i bovini: Calvana, Garfagnina, Maremmana, Pisana, Pontremolese e Romagnola, gli ovini: Appenninica, Garfagnina Bianca, Pecora dell’Amiata, Pomarancina, Zerasca, Massese, la Capra della Garfagnana, il cavallo Maremmano e Monterufolino, il  Cavallo Appenninico, l’Asino dell’Amiata e la Cinta senese.

“L’allevamento toscano – commenta Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti – è un importante comparto economico che vale circa 500 milioni di euro e rappresenta il 17 per cento dell’intera agricoltura regionale, con un impatto rilevante anche dal punto di vista occupazionale per oltre 4000 imprese agricole con allevamenti sia bovini che ovini”.