Quando in banca c’era la sedicesima

Quando in banca c’era la sedicesima

Metti una sera a Piacenza che bevi un aperitivo con due persone speciali e, mentre racconti delle giornate di formazione e del caldo della capitale, tra una chiacchiera e l’altra una di loro esclama: “ma vi ricordate quando in banca c’era la sedicesima?”.

Io non lo ricordo o, forse, essendo passato tanto tempo, l’ho dimenticato. Allora ho voluto riavvolgere il nastro e tornare indietro a cercare. Ho trovato un’Italia in cui il grigio mestiere del bancario aveva i colori del guardaroba rimborsato, dell’orario che finiva il primo pomeriggio, della remunerazione consistente, delle convenzioni per viaggi e soggiorni, dei permessi orari e dei contratti integrativi. Aveva i colori di un mondo che, pur con tanto da sistemare e rivedere, viveva nell’abbondanza.

Se il fatto che dal 2012 al 2016 si è registrata una riduzione di circa 7 punti percentuali dell’occupazione all’interno dei primi cinque gruppi bancari italiani riflette la generale tendenza negativa del mercato del lavoro, le continue notizie sugli esuberi in aumento, evidenziano, un’inversione netta della curva dell’abbondanza verso quella del contenimento dei costi. Certo, incidono la spada della malagestio e di un sistema di sprechi e privilegi che non piace a nessuno; la rivoluzione tecnologica in atto che rivede il modello di servizio commerciale distributivo; il nuovo porto della flessibilità che rimpiazza il mito del posto fisso. Ma, in ogni caso, dall’abbondanza siamo passati alla generale precarietà.

Mi risuona il ritornello di una canzone che diceva “Se potessi avere mille lire al mese” e, non è per nostalgia ma per capire, ho indagato. Con mille lire al mese, ovvero in base alla macchina del tempo circa 870 euro di oggi, si viveva bene nel 1939. Non dipende, infatti, solo da quanto si guadagna, incide il potere d’acquisto; per intenderci, erano anche i tempi in cui il pane costava 1,60 lire al chilo e le uova 4 centesimi l’una.

Scopro con piacere, che la prima banconota da mille lire, quella con la M maiuscola fu disegnata dal senese Rinaldo Barbetti. Rispetto agli anni ‘90 oggi la tassazione sullo stipendio è maggiore e il potere d’acquisto è minore; il rapporto nel tempo non ci restituisce la possibilità con il primo stipendio di far fronte ai bisogni primari e di risparmiare.

Sempre in ogni periodo storico ci sono i pro e i contro. Io sono cresciuta con il Testo Unico Bancario, i modelli di banca universale e di gruppo polifunzionale, la necessità di trasformare gli istituti di credito in S.p.a. e di adottare le direttive comunitarie. Ma ricordo che ti insegnavano che il direttore di banca contava come il sindaco o il maresciallo dei carabinieri.

I coefficienti di Basilea e le regole ferree non hanno impedito fallimenti e crediti deteriorati.

La storia si ripete e gira la chiave nella ripartenza verso il territorio buono, nelle small business e nel credito a artigiani e commercianti.  Nel non dover essere necessariamente giganti.

Per ricostruire la cultura dell’abbondanza che vira verso il progresso, la possibilità di fare, l’orgoglio di essere spesso inventori di eccellenze nel mondo, ci vorrà del tempo.

Non ho nostalgia della sedicesima, ma della cultura che conduce a considerare le persone.

Maria Luisa Visione