Made in Italy, ecco come l’etichetta salva anche la pomarola

La pomarola avrà, come la pasta, una sua etichetta di origine obbligatoria che tutelerà le produzioni Made in Italy, proteggendole dall’inganno dei prodotti coltivati all’estero ed importati per essere spacciati come italiani. “Finalmente stiamo assistendo ad un processo di ampliamento delle etichettature a tutela dei prodotti Made in Italy – afferma il direttore di Coldiretti Siena Simone Solfanelli – è importante che si prosegua su questa strada per garantire che i prodotti di qualità italiani siano più competitivi sia in Italia che all’estero”. L’etichetta sui sughi al pomodoro è stata resa obbligatoria grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018 del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro, firmato dal Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina di concerto con quello dello sviluppo economico Carlo Calenda.
Un passo determinante per tutelare un patrimonio di oltre 5 miliardi di chili di pummarola italiana che rappresenta una componente fondamentale della dieta mediterranea, e come richiesto dall’82% dei consumatori nella consultazione on line sull’indicazione di origine obbligatoria degli alimenti.

Il decreto prevede che le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
Se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.
Per consentire lo smaltimento delle scorte – continua la Coldiretti – i prodotti che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto, perché immessi sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta.
Si tratta di una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero sono arrivati nel 2017 ben 170 milioni di chili di derivati di pomodoro che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco.