L’esercito dei potenziali interessati a lavorare

Uno stuolo di 6,4 milioni di individui potenzialmente interessati a lavorare avanza e apre il nuovo anno.
Ma cosa significa? Sono la somma dei disoccupati e delle forze di lavoro potenziali (fonte Annuario Statistico italiano 2017 – Istat).

Per disoccupati si intendono gli individui di età compresa tra i 15 e i 74 anni in cerca di lavoro da 4 settimane e disponibili a occuparsi a breve; per forze di lavoro potenziali, sia chi non è in cerca di lavoro e non vuole lavorare, sia chi esprime un certo grado di partecipazione al mondo del lavoro. Chi non è occupato o disoccupato, invece, semplicemente è inattivo.

All’alba del 2018 tutto inizia e, nella tasca, la parola speranza è presente e conta per questo esercito.

C’è da dire che pensando all’ampia fascia d’età dei disoccupati e all’aspettativa di vita che supera gli 80 anni per gli uomini e si avvicina agli 85 per le donne, tanto che l’Italia oggi rappresenta uno dei Paesi più vecchi al mondo, mi sembra di vivere in una realtà che dovrebbe rivendicare il ciclo di vita economico del passato, quando a 65 anni era tempo già avanzato per ritirarsi dal mondo del lavoro e godere della vita.

Il mercato del lavoro è indicatore di benessere e rimane driver essenziale dell’andamento economico; migliorata nel 2016 l’occupazione, ancora nelle nostre regioni meridionali, tuttavia, non registriamo il calo della disoccupazione e conquistiamo, invece, il podio del valore più elevato dell’UE, dopo la Grecia.

Così come la riduzione del numero di disoccupati non riguarda chi è alla ricerca della prima occupazione, ovvero il 28% dei disoccupati.

Gli inattivi sono a quota 35,1% dei disoccupati. Interessante è anche osservare come cambia il tasso di disoccupazione nella fascia 35-44 anni in relazione al titolo di studio; passa dal 25,4% di chi ha al massimo la licenza elementare al 4,9% di chi possiede almeno la laurea.

I lavoratori più istruiti permangono più a lungo nell’occupazione, ma ancora, per i più giovani, gli indicatori rimangono elevati anche per i laureati, a testimonianza delle difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro e del prolungamento dell’inattività per motivi di studio.

Il 2016 è decantato come l’anno dell’aumento dell’occupazione.

Vero, rispetto al 2015.

Dato che siamo in campagna elettorale e con buone intenzioni, cosa proponiamo di concreto a chi è in cerca di una prima occupazione (dato in aumento) e come ci occupiamo degli inattivi, che non lavorano e non vanno neanche a caccia di occupazione?

Davvero oggi la fascia di età dei 15 anni è quella in cui si cerca un’occupazione e si può lavorare fino a 74? No, basta scalare le fasce d’età in avanti per accorgersi che tutto cambia, fermandosi a quella dei 55-64, più veritiera e attuale.

Contestualizziamo i dati, guardiamoci intorno, contiamo in famiglia e in almeno 3 famiglie che conosciamo quanti lavorano e come.

Quest’esercito inizia l’anno sperando nel lavoro, perché anche chi non lo cerca, voglio credere che possa ritrovare la speranza nel futuro.

Non accontentiamoci dei dati generali. Guardiamo in profondità.
Stiamo parlando di over 25 o di under 30, anni in cui la giovinezza dell’anima e del cuore, oltre che del corpo, non tornano più.

Maria Luisa Visione