Lavoratori introvabili o mancanza di investimenti in istruzione e formazione?

Innovazione e imprese, come evolve il rapporto in Italia

Quando penso alla disoccupazione giovanile al 30,5% mi chiedo come conciliare questo dato con la mancanza di candidati che alcune imprese reclamano. 

Da sempre ci sono lavori che hanno ricoperto maggiore appeal, ma il fenomeno che si osserva e su cui riflettere è che, oggi, alcune aziende hanno difficoltà a reperire lavoratori nel comparto metallurgico, nella filiera del legno-arredo, nel settore moda e nella meccatronica, nonché nei servizi legati all’ITC (Bollettino Excelsior Informa luglio 2019).

In altri termini non si riescono a reperire e, quindi, ad occupare i posti di lavoro vacanti di tecnici ingegneristici, tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni, di operai specializzati in installazione e manutenzione di attrezzature elettriche ed elettroniche, ma anche di saldatori e di fabbri o di costruttori di utensili.

La tendenza del mercato del lavoro è evidentemente spostata verso i settori dell’ingegneria, della matematica e della tecnologia, o meglio nell’acquisire competenze specifiche; la possibilità di avere lavoro sarà sempre più legata al maggior livello di istruzione e di specializzazione in un determinato settore. Forse, per questo, nella classifica delle 15 assunzioni difficili, introvabili per le imprese (fonte Unioncamere – Anpal) ci sono anche i dirigenti e gli specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie. 

Accanto a questo mondo futuristico a cui possiamo prepararci soltanto inserendo, già dalla scuola elementare, corsi di coding, ovvero di programmazione informatica, per abituare le nuove generazioni a sviluppare l’attitudine al calcolo computazionale, camminano però altri mondi: i Big data, mole di dati che hanno bisogno di persone formate per gestirli, i cosiddetti data scientist; l’avanzamento della longevità che richiederà sempre gli inossidabili medici e infermieri; i cambiamenti climatici che creeranno specializzazione nel riciclaggio dei rifiuti e nella gestione di un’economia a basse emissioni e in nuove competenze “verdi”.

In effetti, i nostri laureati che restano in affanno non sono quelli in ingegneria, economia-statistica e professioni sanitarie, ma quelli in materie giuridiche, letterarie, nel gruppo geo-biologico e in quello psicologico. 

La tendenza del mercato ci segnala i lavori del futuro, ma tutto parte dal presente, dalla scuola e dall’istruzione. Nella legge finanziaria approvata a fine 2018 si prevedono contributi per gli istituti tecnici professionali nell’ordine di poco più di 33 milioni di euro per il 2019, che arrivano a superare i 48 milioni per il 2020 e per il 2021. Non è abbastanza. Dobbiamo investire di più oggi nella formazione scolastica mirata alle future professioni e fare un salto anche nell’adeguamento salariale delle competenze specializzate, perché spesso i nostri laureati, i più competenti, vanno a lavorare all’estero dal momento che in Italia non vengono retribuiti in maniera adeguata.

Nello stesso tempo, se una parte della soluzione all’allarmante disoccupazione giovanile è la riqualificazione delle competenze, mettiamo a disposizione di questi giovani corsi di formazione e di specializzazione mirati, formiamoli affinché i posti vacanti siano riempiti.

Nella rivoluzione digitale guadagneremo alcuni posti di lavoro, ma ne perderemo altri e, fermo restando, che non possiamo fermare i cambiamenti in atto, nel frattempo dobbiamo pensare a come fare in modo che la scelta del lavoro possa non dipendere solo da cosa mi conviene fare, ma anche da cosa vorrei fare e so fare.

Sembra che le macchine sostituiranno prevalentemente l’agricoltura, la pesca, la manifattura e il commercio.

Cosa secondo voi non potranno mai sostituire?

La mia risposta è la nostra cultura. Quindi, tra tutti gli argomenti politici, vorrei sapere quanto si investirà in istruzione, formazione e aggiornamento professionale per allocare le risorse umane inoccupate, facendo un favore alle imprese che non trovano lavoratori e preparando le nuove generazioni ai mestieri del futuro.

Perché sennò tra dieci anni siamo alle solite.

Maria Luisa Visione